Wanted. Cercasi disperatamente pesci grossi…E’ Greenpeace a segnalare l’emergenza dopo le immersioni dei suoi sub nelle acque del Mediterraneo. Infatti, nei fondali monitorati mancano del tutto o quasi gli esemplari più grossi di cernia, dentice, sarago e corvina, le più importanti specie ittiche. Per fortuna rimane un’eccezione, la splendida Portofino, area protetta.
La sottopopolazione degli esemplari più grossi significa sovrasfruttamento della popolazione ittica della fascia costiera. Provate voi stessi a osservare bene tra le bancarelle del mercato…le taglie dei pesci diminuiscono sempre di più…Ma vediamo meglio le zone in cui Greenpeace è andata a curiosare.
Il monitoraggio di Greenpeace è stato effettuato presso le aree protette di Portofino, Capraia e Montecristo e alcune aree non protette: Scoglio della Botte, Capo Palinuro, Santa Tecla, Capo di S. Maria di Leuca. I parametri rilevati nel corso delle immersioni, sono lo stato del fondale (mucillagini, rifiuti, attrezzi da pesca abbandonati, torbidità), popolamenti ittici (dimensioni massime di cernia, corvina, dentice e sarago) e bentonici (gorgonie, presenza di Caulerpa racemosa, un’alga verde tropicale, e di Pinna nobilis, il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo).
Il risultato è stato che delle 7 località in esame l'area protetta di Portofino è quella con il mare in miglior stato, mentre è sorprendente che a Montecristo, area protetta fin dal 1971, non sono stati osservati pesci di grandi dimensioni.
Simile il discorso per Capraia, dove sono state osservate tracce di rifiuti e attrezzi da pesca abbandonati e la presenza dell’alga tropicale Caulerpa racemosa.
Questa utlima è una parente meno nota ma ben più diffusa della taxifolia la famosa alga assassina. E'stata riscontrata praticamente lungo tutta la penisola, ma non è chiaro se e quanto essa generi un qualche tipo di impatto.
Tra i siti non protetti, permane la scarsa presenza di pesci di grossa taglia. Capo Palinuro, con una bella popolazione di corallo rosso e una buona prateria di posidonia, è sembrato quello in condizioni migliori (nonostante sia penalizzato da tracce di mucillagine, attrezzi da pesca e da assenza di Pinna nobilis). Anche Capo di S. Maria di Leuca si è dimostrato interessante, sebbene con acque torbide della cui origine sarebbe utile accertarsi per escludere eventuali impatti causati dalle opere di urbanizzazione lungo la costa.
Di più ci si poteva forse attendere dallo Scoglio della Botte - un picco isolato tra Ponza e Ventotene, in cui era peraltro evidente una notevole attività di pesca, testimoniata da attrezzi abbandonati e dove sono state trovate mucillagini (forse un fenomeno passeggero), e da Santa Tecla, dove pure è stata riscontrata una torbidità eccessiva.
Per ora è solo l’inizio. Le ricerche proseguono, inoltre Alessandro Giannì, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace Italia, afferma che: "Quel che è certo è che le aree marine protette servirebbero non solo lungo la costa, ma anche in mare aperto. Abbiamo lanciato una proposta per una rete di riserve che copra il 40 per cento del Mediterraneo".
Intanto la Rainbow Warrior, la nave ammiraglia di Greenpeace, ha lasciato le nostre coste per monitorare ora quelle greche e turche, alla ricerca di balene e delfini e delle pratiche di pesca illegale. Impressionante il bilancio della caccia alle "spadare", le reti derivanti bandite dall'Ue e dall'Onu che continuano a essere impunemente utilizzate. Delfini, tartarughe e capodogli vi muoiono impigliate.
Ultimamente, un fortunato esemplare di tartaruga è stato liberato da Greenpeace tra Ischia e Ponza. Nonostante alcuni pesceherecci avessero ricevuto dall’Ue e dallo Stato migliaia di euro per la riconversione hanno continuato a pescare. Infine, la Rainbow Warrior è riuscita a filmare anche la pratica di cattura dei tonni con aerei da ricognizione e navi per poi allevarli per il mercato giapponese del sushi, da sempre alla ricerca del prezioso tonno rosso del Mediterraneo, ora sull'orlo del collasso.
Conoscere la terra che abiti è benessere
|