D’estate trascorre la maggior parte del tempo disteso al sole, sulla sabbia cocente, in riva al mare per sopportare meglio la calura. E anche quando la brezza del primo pomeriggio sembra essersi fermata, lui niente. E’ irremovibile nella sua volontaria convinzione. Al massimo si gira sudato come una fettina alla brace: se prima ha cotto la pancia, ora tocca alla schiena. Ma è contento, il mondo gli sorride. Tanto che non riesce a farne a meno neanche d’inverno, dell’abbronzatura.
Piuttosto che sentirsi bianco e slavato, preferisce mille volte lampade e lettini abbronzanti. Che non c’è niente di più piacevole di una doccia a raggi ultravioletti.
Lo conoscete? È il patito dell’abbronzatura. Quello che non rinuncerebbe mai alla pelle colorata, ambrata, dorata, cotta al punto giusto. Quello che fa dell’abbronzarsi un rito. Abitudine alquanto diffusa, tanto da essere diventata costume. Forse è per questo che un team di ricerca statunitense ha deciso di indagare, capirne qualcosa in più.
"E' importante rendersi conto del perché i cultori dell’abbronzatura continuino a prediligere questa attività – spiega Mandeep Kaur, capogruppo del progetto - ormai è accertato e noto che l’esposizione della pelle ai raggi ultravioletti può danneggiare geneticamente le informazioni contenute nelle nostre cellule, oltre che contribuire allo sviluppo di melanomi. Eppure, nonostante questo, dal 1986 al 1996 l’incremento dei fissati da abbronzatura negli Stati Uniti è stato del trecento per cento”.
Oltre alla pelle scura, insomma, dev’esserci qualcos’altro che gratifica gli abituali frequentatori di lampade e lettini. E’ questo che il piccolo studio della Wake Forest University - pubblicato questo aprile dal Journal of the American Academy of Dermatology - ha cercato di dimostrare: i raggi ultravioletti hanno sull’umore effetti simili a quelli di alcune droghe capaci di suscitare assuefazione. Già precedentemente, il gruppo di ricerca aveva dimostrato che gli effetti sull’umore dell’abbronzatura ci sono, e sono percepiti dalle persone che si espongono alla luce UV.
Ora, però si trattava di scoprire se l’esposizione ai raggi ultravioletti (presenti nelle lampade, come del resto nella luce solare), favorisse rilascio di endorfine.
Le endorfine, sostanze chimiche prodotte dal nostro organismo, sono una sorta di oppiacei endogeni in grado di agire sul sistema nervoso scaturendo sensazioni di piacere, sollievo, benessere diffuso. In tal caso sarebbero state queste le responsabili del “tipico comportamento da abbronzatura”. Così è stato dimostrato.
Il campione che si è sottoposto alla prova era composto da otto abbronzati abituali (8/15 esposizioni al mese) e otto abbronzati occasionali (non più di 12 esposizioni all’anno).
Alla metà del campione è stata somministrata una sostanza in grado di inibire gli effetti delle endorfine sul sistema nervoso.
Le risposte significative a questo stimolo sono state due.
In primo luogo gli abbronzati abituali si sono dimostrati meno soddisfatti rispetto al solito, dopo l’esposizione ai raggi ultravioletti. In secondo luogo soltanto tra gli abbronzati abituali si sono manifestati tipici sintomi da astinenza, in particolare nausea e nervosismo.
Certo, si tratta di un piccolo studio. Eppure in qualche modo emerge che il rapporto esistente tra abbronzati abituali ed esposizione alla luce ultravioletta, è simile a quello tra un tossicodipendente e la sua droga. L’organismo infatti fa di tutto perché la situazione che determina il rilascio di sostanze rilassanti si verifichi di nuovo. Così si spiegherebbe anche la frequenza con cui gli abbronzati abituali si espongono alla luce ultravioletta.
L’ossessione da abbronzatura, dunque, non sarebbe altro che semplice dipendenza da oppioidi, in particolare endorfine. Inoltre – aggiungono i ricercatori coinvolti nello studio – in questo modo viene confermata l’ipotesi che il comportamento da abbronzatura è determinato dal rilascio di endorfine allo stesso modo in cui il cosiddetto "runner's high" fomenta gli sportivi. Quella sensazione positiva che la gente prova dopo l’esercizio fisico regolarmente eseguito, per intenderci.
Che si tratti di pura dipendenza fisica, o che incida anche una componente psicologica e sociale, questo è ancora tutto da dimostrare. Ma sospettare è lecito.
Ora non ci resta che andare fuori a goderci il nuovo sole…magari un po’ meno ossessionati dal colore della nostra pelle.
Amare è benessere
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