“…e si usciva dalla città per il sentiero che passava lungo il muro bianco della tenuta di Swann. Prima di arrivarci s’incontrava, venuto ad accogliere i forestieri, il profumo dei suoi lillà. Essi stessi, di tra i piccoli cuori verdi e freschi delle loro foglie, levavano incuriositi al di sopra del muro del parco i loro pennacchi di piume color malva o bianche, lucenti, anche all’ombra per il sole che le aveva irrorate…”
Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, La Strada di Swann
Il profumo del lillà è il migliore di tutti. Sì, eccezionale quello del gelsomino. Meraviglioso quello della rosa. Evocativo quello dell’elicrisio. Sensuale quello del giacinto. Ma quello del lillà… è un’ essenza incredibile… che peccato sia così difficile descrivere gli odori: che frustrazione, è una vera sofferenza per chi cerca di descrivere una pianta, si ha un senso d’ impotenza fastidioso… come se si cercasse di fischiettare con una pera infilata in bocca. E’ tanto facile raccontare delle forme dei fiori e delle foglie, dei loro colori in tutte le loro sfumature, mentre è quasi impossibile spiegare un profumo.
Nella nostra cultura non esistono classificazioni oggettive per gli odori, e a pensarci è un po’ strano, ci si chiede il perché, tra l’altro magari in altre culture è cosa comune riferirsi agli odori con la stessa dimestichezza con la quale noi ci riferiamo ai colori: come noi diciamo rosso per indicare il rosso questo fantomatico popolo saggio potrebbe chiamare “veschio”, o come gli pare, il profumo dell’erba dopo il temporale. Quindi noi, poveri babbei, possiamo solo tentare di trasmettere le emozioni che un odore ci suscita. E questo peggiora le cose nel tentare la nostra descrizione, perché quello che per noi è un profumo fantastico, perché legato agli assolati pomeriggi felici della nostra infanzia, a qualcun altro può risultare indifferente…ricordatevi quante emozioni meravigliose scatenava in Proust una stupida madeleinette: per noi è solo un biscotto con la fastidiosa tendenza ad appiccicarsi al palato, per lui era la chiave della felicità ritrovata. Insomma, spiace, ma l’unica cosa che posso dire è che il lillà ha un profumo paradisiaco… fidatevi!
Il nome scientifico di questa pianta è Syringa. Questo arbusto a foglia caduca, in terra libera può facilmente raggiungere le dimensioni di un albero. In particolare la Syringa vulgaris può raggiungere i 7 metri di altezza. I fiori sono disposti in un’infiorescenza a forma di pannocchia, sono bellissimi, sembrano finti, come di velluto, e mostrano il loro splendore in primavera. Se vi capita, ai Kew Gardens di Londra c’è un boschetto di lillà che in maggio toglie il fiato, e per il profumo immenso e per la bellezza sfolgorante. Una visione che contiene l’essenza stessa della primavera. Arrivando dal Tamigi, attraverso un prato pieno di gentili fiorellini bianchi, passando sotto una saggia quercia secolare, si viene prima investiti dall’odore dei lillà ed ecco poi di lontano si vede il bellissimo allegro boschetto, fiorito e splendente (foto 1 della Gallery).
Davvero, procuratevi un’esemplare di Syringa, la primavera sarà poi una cosa diversa… Nell’acquisto ricordate che le varietà proposte con fiori più grandi e persistenti sono quasi sempre quelle meno profumate. Un'altra cosa: gli esemplari giovanissimi hanno fioritura scarsa o assente, quindi valutate se stare due anni senza fiori o se spendere un po’ di più al momento dell’acquisto puntando su un esemplare più maturo. Vedete voi.
La sua diffusione inizia nel ‘500 e conosce il suo acme alla fine del ‘800. Nel secolo scorso, il ‘900, la Syringa va incontro a un declino tanto rapido quanto inspiegabile. Razionalmente inspiegabile, intendo. In quanto una spiegazione irragionevole e veramente disprezzabile c’è. In parecchie culture, infatti, questa pianta, e il suo fiore in particolare, è associata al culto dei morti e viene quindi bollata come porta sfortuna. Questa è la punizione peggiore che si possa infliggere a una pianta, per non parlare delle persone con la vita rovinata dalla “patente” di iettatore di cui scriveva ingegnosamente Pirandello.
L’origine del nome scientifico giunge da lontano, addirittura dalla Grecia mitologica. Siringa era una bellissima ninfa di Artemide, con la quale la dea passava splendide giornate antiche a cacciare cervi e cinghiali nei verdissimi e profumati boschi che allora ricoprivano il Peloponneso. Bella vita. Fino a quando il ributtante dio Pan, mezzo capra mezzo uomo, repellente nell’aspetto e grezzo nei modi, si innamorò disperatamente della splendente fanciulla. La sventurata piuttosto che concedersi al rozzo dio preferì trasformarsi in pianta. Francamente come darle torto. In più, in questo modo, la sua bellezza è arrivata fino a noi che comprando un lillà possiamo portarci a casa ciò che è rimasto della candida e conturbante Ninfa dal portamento morbido e dagli occhi di cerbiatto.
Prendersi cura delle proprie piante è benessere
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