La colonizzazione greca della penisola italica portò, insieme ai fermenti artistici e culturali provenienti dal mondo ellenico, allo sviluppo della coltivazione della vite su tutto il territorio, dalla Sicilia e della Magna Grecia fino a nord, al Lazio, alla Toscana e infine alle distese della Pianura Padana orientale, allora chiamata Rezia.
Tra i popoli che sfruttarono queste conoscenze furono gli etruschi, i quali trovarono in Toscana, più precisamente nella regione del Chianti, alcuni semi di piante selvatiche e la impiantarono lungo il litorale tirrenico dove sorgevano le loro città più importanti. Secondo altri studiosi, invece, la vite sarebbe già stata presente in questa regione in una fase ancora antecedente i primi insediamenti umani in Italia. Una terza ipotesi si basa sulla ricchezza di scambi commerciali tra gli etruschi e il mondo orientale-egeo, per cui gli italici avrebbero iniziato a coltivare la vite dopo aver importato il vino.
Infine, un’ultima ipotesi farebbe risalire il vino dai navigatori fenici in arrivo sulla penisola a bordo delle loro imbarcazioni con le quali passavano da una sponda all’altra del Mediterraneo. Quale che fosse la sua origine, gli etruschi bevevano il vino all’interno di patere, particolari coppe di forma ovoidale e dotate di due manici laterali per portare in bocca il “nettare degli dei”. Il consumo del vino era legato sia alla vita quotidiana, come per esempio ai banchetti comunitari, sia ai riti religiosi nei confronti delle divinità oppure per il culto dei morti.
Il mondo etrusco-italico aveva anche una divinità legata al vino, ovvero Fufluns, che successivamente i romani chiameranno Bacco. Come nel mondo greco, anche per gli etruschi l’assunzione del vino permetteva di entrare in diretto contatto con la divinità per mezzo dello stato di ebbrezza raggiunto. Costituisce un unicum nel mondo classico il fatto che presso gli etruschi le donne avevano un proprio ruolo preciso nel banchetto, sia servendo le coppe e il vino agli uomini sia partecipando esse stesse al convivio stando adagiate sulle klinai accanto agli uomini.
Questa presenza femminile durante il banchetto è testimoniata dagli affreschi rinvenuti all’interno delle tombe, e sui vasi di bucchero, la più tipica produzione ceramica etrusca. Durante il banchetto si svolgeva anche un gioco molto particolare, il kottabos, che consisteva nel lancio di una modica quantità di vino da una coppa all’altra tra i diversi partecipanti al banchetto oppure all’interno di un piatto tenuto in equilibrio alla sommità di una asta e posto a circa due metri di altezza dal terreno; in entrambi i casi si trattava di un gioco che richiedevano una particolare destrezza e che quindi si rivelava sempre più difficile a mano a mano che i partecipanti proseguivano a bere!
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