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Siamo, dunque, lontani anni luce dalle pericolose e generiche conclusioni cui era giunto Lombroso. Secondo la Morfopsicologia dinamica, quindi, non hanno più senso le “terribili sopracciglia” di un Tolstoj se non all’interno di un contesto in continua trasformazione.

Allo stesso modo, la forma degli occhi ha un significato se inserita in una determinata fronte la quale, a sua volta, va analizzata tenendo in considerazione il naso, la bocca e l’estensione dei piani in cui questi elementi sono compresi.

Man mano che si apprende la disciplina, termini astratti diventano concreti e il viso diviene un insieme di simboli che, messi in relazione tra loro, formano un vero e proprio linguaggio; una lingua affascinante e misteriosa che cerca di comunicarci il più importante dei messaggi: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo.

Secondo la Morfopsicologia dinamica, il nostro volto è diviso in tre piani: il piano cerebrale (la fronte, gli occhi e le tempie), il piano affettivo (il naso, gli zigomi e le guance), il piano istintivo (la bocca, la mascella e il mento). Questi tre piani, relazionati tra loro, raccontano lo sviluppo delle diverse componenti in un determinato individuo mostrandoci quale sia il piano dominante (quello che dà l’impronta alla personalità) e quale, tra i piani di servizio, il più trascurato.

Gli occhi, il naso e la bocca sono i ricettori, attraverso i quali un individuo si relaziona con il mondo. Osservando la forma di questi ricettori, la loro grandezza, il rapporto che essi hanno con il piano di riferimento ed ulteriori piccole caratteristiche, si può scoprire quanto una persona sia aperta o chiusa sui diversi piani e quanto sia disposta a dare o a ricevere e così via.

Ogni volto deve essere analizzato considerando l’età dell’individuo cui appartiene. I tratti di un viso rotondo, con carni morbide e abbondanti, occhi tondi, naso aperto e bocca carnosa e semiaperta rappresentano la norma se appartengono ad un lattante. Queste caratteristiche morfologiche, infatti, ci parlano di apertura alla vita, di crescita, di espansione, ovvero modalità di interazione con la realtà che appartengono, per natura, a un bebè.

Ugualmente rappresentano la norma le forme opposte del viso di un vecchio prossimo alla fine della vita: viso allungato, rinsecchito, con occhi semi chiusi e incavati, naso chiuso, aquilino e bocca serrata. Meno aderenti alla norma, invece, dal punto di vista morfopsicologico, sono le persone anziane il cui viso è dilatato e così i ricettori (come le attuali generazioni di anziani), elementi che esprimono un’età che anagraficamente avrebbero dovuto vivere al principio della loro vita, non alla fine.

Uno degli aspetti più affascinanti della Morfopsicologia dinamica è costituito dalla semplicità del suo modello, unitamente alla complessità della sua applicazione. La semplicità del suo modello permette un’analisi comparativa grazie alla quale lo studioso non solo può prendere in esame il volto di una persona ma, allo stesso tempo, può valutare il momento storico di una determinata popolazione.

Osservando, infatti, l’evoluzione genetica dei diversi popoli nelle varie aree geografiche e mettendola in correlazione con quella culturale si noterà come nei volti siano “scritti” i loro comportamenti predominanti.


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