E’ risaputo che i detersivi sono una delle fonti di inquinamento per l’ambiente, ma spesso si parla di questo in maniera troppo generica, non fornendo così consigli veramente utili a renderli meno nocivi all’uomo e al pianeta intero.
Su qualsiasi confezione, infatti, si può trovare l’apposita dicitura che invita a non esagerare nelle dosi da utilizzarsi come se tali prodotti chimici diventassero “dannosi” solo in determinate quantità.
In realtà, fermo restando il problema dell’uso eccessivo, un grande contributo all’ecologia potrebbe essere fornito anche da acquisti più attenti e utilizzi mirati secondo le esigenze.
Molte persone, ad esempio, si lasciano confondere dalle etichette che spesso mettono in risalto il marchio (o il nome) del prodotto e “nascondono” le indicazioni d’uso.
Mi viene alla mente un famoso detergente per il water, creato a suo tempo come anticalcare, ma che oggi è venduto in varianti diverse e per usi diversi che nulla hanno a che fare né col wc né tantomeno col calcare.
Il problema è che i consumatori potrebbero acquistare (e usare) equivocamente un prodotto con funzioni igienizzanti (per esempio) invece di uno che rimuova il calcare, o il contrario, non solo sprecando tempo e denaro, ma immettendo inutilmente nell’ambiente sostanze nocive.
Alcuni anni addietro una nota industria chimica, proprietaria di un altrettanto noto marchio di candeggina, visti gli enormi successi del loro prodotto principale, ebbe un’idea:
lanciò in commercio un articolo destinato alla pulizia della casa in genere (pavimenti, piastrelle ecc…) dandogli lo stesso “brand” (marchio) della candeggina.
Le aspettative dell’Azienda erano quelle di introdurre un prodotto in un settore nel quale i concorrenti erano più forti, per “rubare” loro le vendite, puntando pesantemente sulla potenza del loro marchio già affermato, ma i risultati furono piuttosto deludenti.
In effetti il nuovo prodotto iniziò a sottrarre vendite in primo luogo alla candeggina stessa; reputandolo i consumatori, infatti, proprio una candeggina dal momento che i due detersivi avevano lo stesso nome. In questo caso, quindi l’Azienda, come si usa dire, si era data “la zappa sui piedi” e aveva solo contribuito a creare confusione fra i consumatori.
Questo, però, fu comunque un inizio di quella che si può chiamare la “strategia del brand”, che in seguito anche altre Aziende lanciarono, creando una serie di prodotti diversi fra di loro (per formato, profumo, uso o consumo), ma rigorosamente con marchio uguale.
Questa è la politica tipo del consumismo, vendere a tutti i costi e sempre di più, senza pensare agli “effetti collaterali”…Anche nell’industria alimentare posso riportare un esempio che qualche anno fa fece scalpore: l’ immissione sul mercato di un gelato a cui era stato assegnato il nome di un famosissimo cioccolatino…
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