La questione sugli organismi geneticamente modificati nelle sue linee generali è stata da noi affrontata nell’articolo OGM. La ballata del frutto proibito(vedi link), da cui emergeva chiaramente la problematica di una grave mancanza di “controllo scientifico” e “ordine” a livello legislativo nella produzione e commercializzazione mondiale dei prodotti biotech.
In Italia, all’epoca della precedente pubblicazione, era stato recentemente approvato il decreto Alemanno per una convivenza controllata e differenziata delle coltivazioni ogm/non –ogm. Decreto di cui nei mesi appena successivi già si erano visti i limiti, confermati oggi dall’attualissimo caso del Giappone, in cui è stata rilevata la presenza di campi di colza transgenica cresciuti spontaneamente intorno a otto dei principali porti commerciali. Contaminazione, tra l’altro, che è stata classificata come il risultato di un “fenomeno accidentale”, quindi “non prevedibile”, dovuto alle operazioni di carico e scarico delle sementi dalle navi. (No comment.)
L’episodio del Decreto Alemanno per l’Italia insegna che, pur di fare alcuni, primi, incerti passi avanti si possono accettare, all’inizio, anche situazioni poco risolutive, ma attraverso cui, almeno, il problema viene considerato.
Quando, però, la situazione “degenera”, diventando drammaticamente grottesca, è difficile accontentarsi, seppur consapevoli di trovarsi all’"inizio" di un difficile e tortuoso percorso.
Mi riferisco in particolare agli ultimi avvenimenti intorno al mais transgenico prodotto dalla Monsanto, MON683, recente paradosso e paradigma della confusione e ambiguità che caratterizza ancora e da sempre la tematica OGM.
Il mais MON683 era stato ufficialmente presentato (circa nel 2001) come l’ultimo e unico rimedio contro la Diabrotica Virgifera, un insetto, che si stava diffondendo da alcuni anni in modo preoccupante dagli Stati Uniti all’Europa. Resistente all’attacco del nemico, il MON683 per quattro anni è stato commercializzato dalla Monsanto, con l’approvazione della Commissione Europea e dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che, nell’ottobre del 2004, hanno confermato in proposito la loro opinione favorevole.
La domanda, a questo punto è: perché la Commissione europea e l’EFSA dovevano approvare la divulgazione di un prodotto biotech, ritenendone sicura l’importazione in Europa senza conoscerne il rapporto scientifico? La Monsanto, infatti, da parte sua, fino alla recente pubblicazione del documento su Indipendent, ha pensato di tenere il rapporto per sé, sotto stretta sorveglianza e riservatezza.
Evidentemente la decisione, da parte dei due organi, è stata presa “molto alla leggera”, se si considera il fatto che i risultati emersi dalle ricerche scientifiche su questo OGM sono addirittura imbarazzanti. E'stato provato, infatti, che questo tipo di mais transgenico abbia causato, nei ratti nutriti in laboratorio con tale prodotto, gravi anomalie sia nei reni che nel sangue.
Se questi non sono dati abbastanza allarmanti su cui intraprendere un’indagine più che rigorosa e dettagliata prima della diffusione di un prodotto sul mercato, allora è inutile continuare a spendere finanziamenti milionari per gli esperimenti sui ratti di prodotti biotech.
Un secondo episodio sconcertante, di cui non si è parlato abbastanza a voce alta, è l’avere ignorato, da parte della Commissione Europea, il rapporto di alcuni studi eseguiti su di un altro prodotto biotech della Monsanto, il MON810, la cui presenza è risultata negativa per l’impatto ambientale. La Commissione europea, nonostante questo, avrebbe approvato la coltivazione del mais, sostenendo davanti agli altri Stati membri la conformità del prodotto alle condizioni necessarie per consentirne la diffusione, quando non vi erano, invece, presupposti documentati necessari e sufficienti perché ciò avvenisse.
Fatti sconcertanti che passano quasi in sordina dimostrano ancora una volta la mancanza di un piano legislativo analitico che contempli la problematica OGM, e che, quindi, permetta di procedere nella ricerca attraverso un monitoraggio costante dei rischi evidenziati. Le conseguenze di tale, a mio parere, “appositamente” annebbiata situazione, sono ancora inconoscibili e, in qualche modo, se non si avanza con estrema attenzione, saremo noi a rimetterci, la nostra terra e le prossime, vicine, generazioni.
Con ciò, non si vuole discriminare la ricerca biotech di per sé, ma evidenziare l’esistenza di “movimenti speculativi”, che, mascherandosi dietro la tanto amata parola “progresso”, sono capaci di trasformare un ideale in un’ideologia.
Conoscere la terra che abiti è benessere
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