E’ stata accolta con grande entusiasmo la ratifica, da parte del Governo italiano, delle legislazioni della Comunità europea che vietano i test cosmetici su animali. La CEE aveva emanato la legge già nel 2003 (o meglio, le prime considerazioni a riguardo risalgono al 1998, ma una vera legislazione è stata approvata solo due anni fa) ed oggi anche l’Italia fa parte di questo grande progetto.
La legge stabilisce il divieto di sperimentazione cosmetica su animali e di commercio di prodotti cosmetici testati sugli stessi.
Un traguardo che sembrava irraggiungibile visto che in Italia sono stati spesi solo nel 1997 ben oltre 11 miliardi e mezzo di lire in cosmetici (fonte LAV), di cui ovviamente la stragrande maggioranza derivata da morte e sofferenze. Questa legislazione imporrà alle aziende che effettuano vivisezione una revisione totale della loro politica, che gli creerà non pochi problemi organizzativi. Al contrario, le piccole case produttrici che da sempre hanno rifiutato di sperimentare i propri prodotti su animali (vedi box a destra) potranno finalmente rendersi visibili agli occhi dei consumatori, fino ad oggi abbagliati dagli sfavillanti slogan delle compagnie più facoltose.
Prima di entrare nei dettagli della nuova legislazione, è bene avere chiaro il concetto di “test cosmetici su animali”.
Prima della ratifica, ogni volta che un’azienda decideva di utilizzare un nuovo ingrediente per un cosmetico, era tenuta ad effettuare svariati tipi di test, in modo da identificare tre livelli di tossicità possibili: acuta, subacuta e cronica. I più comuni di questi sono l’LD50, il Draize test ed il test di cancerogernicità.
LD50 sta per “dose letale nel 50% dei casi”, e prevede la somministrazione di un prodotto all’animale finché la quantità non diviene tossica ed esso muore (in tempi variabili da ore a settimane). Il Draize test consiste nel testare il prodotto sulla cute o sugli occhi, osservando le possibili ustioni o reazioni allergiche. Il test di cancerogenicità prevede che l’animale (in genere un roditore) inali o ingerisca per diversi anni di fila una sostanza. Quindi viene ucciso e l’autopsia determina l’insorgenza del tumore.
In nessun caso vengono utilizzati anestetici, perché potrebbero modificare l’esito del test.
È stata provata più volte l’inefficienza di questi metodi: in campo cosmetico, infatti, la maggior parte dei prodotti utilizzati è poco o affatto tossica, e la morte dell’animale sopraggiunge per deterioramento degli organi causato dai test ripetuti e dalle massicce dosi di prodotto inoculate, dosi a cui un essere umano si sottoporrebbe solo se desiderasse morire.
In campo medico, tra gli esempi più eclatanti di test del tutto fuorvianti, il dietilstilbestrolo, antiabortivo “garantito” dalla sperimentazione su animali, ha provocato cancro alla mammella nelle madri, tumori ai testicoli nei figli, cancro vaginale o uterino nel 95% delle figlie; nel 1978 il cliochinolo ha paralizzato e accecato 30.000 persone; il Bactrim, sulfamidico utilizzatissimo per i bambini, è stato dichiarato nel 1994 responsabile di migliaia di morti in tutto il mondo, di cui 113 casi accertati in Inghilterra. E l’elenco di prodotti approvati dalla sperimentazione animale, ma letali o quasi per l’uomo, è davvero lungo.
|
|