Durante la Restaurazione inglese di Carlo II visse uno strano personaggio, John Wilmot Secondo Conte di Rochester. Poeta licenzioso e libertino sfrenato, era un protetto del re e per questo scampò varie volte alla forca durante un’epoca attraversata dai moti puritani ed ancora immersa nel Medioevo. Nel film se ne racconta la vita dissoluta e l’unico amore: l’attrice di teatro Elizabeth Barry (Samantha Morton).
Johnny Depp interpreta John Wilmot: un cattivo, impietoso amante del libertinaggio e che di esso fa il centro della sua vita. Mosso da passioni sempre nuove, impudiche e immediate, Wilmot viene per un anno bandito dal regno: la nostra storia inizia proprio dal suo ritorno. Richiamato dal re Carlo II che ha un debole per lui ed ammira i suoi versi licenziosi, Wilmot riprende la sua vita tra alcool e donne, e nulla di questo nel film viene lasciato al mistero. Sicuramente vietato ai minori, il linguaggio non si fa remore di dare ad ogni attributo sessuale il suo nome in gergo, presentandosi come un pugno allo stomaco per i benpensanti.
Intriso di oscurità e girato al lume di candela, la pellicola si carica di un’atmosfera lugubre che fa gioco alle due interpretazioni magistrali di Johnny Depp e John Malkovic (nella parte del re ed anche produttore). I due attori si muovono su un palcoscenico molto più vicino al teatro di quanto possa ricordare una pellicola di solito, ammantando di ombre i paesaggi del Galles. Tra fango e luoghi malfamati, si scorge la tragedia di un uomo che non riesce a frenare se stesso, anzi esalta la sua morbosità, e viene sconvolto soltanto dall’amore che prova per Liz Berry-Samantha Morton. Liz è un’attrice agli inizi di cui lui vuole diventare mentore ed amante e da cui viene attratto profondamente. La sceneggiatura tratta da un’opera teatrale di Stephen Jeffreys qui svolge la sua parte d’onore, infittendo gli intrighi tra Wilmot, la moglie, il re e Liz.
Il regista Dunmore evidenzia i passaggi narrativi con una macchina da presa a spalla che rende il film più intimo per lo spettatore, un occhio personale che segue i volti fin nelle pieghe sottili delle espressioni appena accennate. Il trucco teatrale e trasandato di Peter Owen (Il Signore degli Anelli, La fabbrica di cioccolato) accresce la ruvidezza di un film che ricorda Ken Russell (I diavoli, Salomé, Gothic) e la sua venatura grottesca.
La sussurrata musica di Michael Nyman fa da colonna sonora a questo strano film in costume, lontano dai fasti e dalla perfezione, quasi una presa diretta della vita di un uomo che della ricerca di autenticità fa la sua ossessione. Candidato a otto British Independent Film Awards.
Amare l'arte è benessere
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