Un celebre conduttore televisivo riceve a casa delle videocassette in cui si vede che viene spiato, spesso si tratta di lunghe ore in cui viene inquadrato l’ingresso di casa sua, ma non solo. Forse questo nascosto osservatore sicuramente minaccioso vuole ricattarlo? Il protagonista ha un sospetto: ha a che fare con un episodio della sua infanzia.
Haneke è tornato a girare con il suo stile essenzialmente teatrale, fatto di lunghe inquadrature fisse, spesso in totale o in figura intera quando si tratta di stare in interni con soggetti che dialogano o litigano fra loro. E’ tornato a vivificare le sue storie giocando sulle infinite possibilità del fuoricampo spaziale.
Qui addirittura è lo sguardo stesso ad essere chiamato in causa, ed esso è per definizione sempre fuoricampo, essendo lo strumento attraverso cui si delinea un campo di visione. Pertanto il film diventa un’occasione di riflessione sul senso del vedere e su come una semplice immagine generi paranoie e sospetti. Insomma: è poi veramente reale la minaccia di cui sospettano il protagonista e sua moglie?
E’ proprio questa domanda, a monte del film, la trovata geniale dell’impianto su cui si regge l’intreccio, il vero fulcro intorno a cui ruota la struttura narrativa, al di là delle consuete concretizzazioni che questa traccia di racconto ha già avuto. Cosa è veramente nascosto? Forse il regista che sta raccontando la storia è l’indesiderato osservatore che mette a disagio i nostri borghesi coniugi?
E’ un film che arricchisce il ventaglio di domande e quesiti sullo sguardo e sulle potenzialità delle paranoiche suggestioni che l’uomo è in grado di provare a partire da ciò che teme. L’uomo ha paura di ciò che non vede, a maggior ragione se visto o spiato senza il suo consenso. Se non lo avesse mai saputo di essere spiato, probabilmente la terribile macchina che l’intreccio sviluppa non si sarebbe mai messa in moto. Dopotutto ciascuno di noi ogni giorno è spiato involontariamente o indesideratamente per un lasso di tempo più o meno breve. Cosa ci accadrebbe se ce lo dicessero?
Ecco, il film dimostra con lucida inquietudine il percorso di degenerazione che porta la vittima a diventare carnefice a trasformare le ansie in concrete conseguenze, nefaste e degenerative. E l’immagine non sarà più la stessa così filtrata da uno sguardo paranoico, quale sarà quello dello spettatore dopo questo film. Per questo l’ultima inquadratura, semplice e del tutto innocente si carica di sospetti e pregiudizi nel pubblico che guarda, quando essa magari non vuole dire nulla di terribile, come invece si arriva a paventare. Il film finisce senza dirci cosa verrà dopo quell’inquadratura. Curiosità e sospetto: chi rimprovera il voyeur diventa a sua volta tale, per garantirsi di essere al sicuro. Ma così facendo cosa si è risolto?
Meritato il premio per la miglior regia a Cannes 2005.
Amare l'arte è benessere
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