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INVISIBILI, MULTIFORMI E PERICOLOSE. ALLARME SOSTANZE CHIMICHE
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Francesca Giomo
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Sono più di 100.000 le sostanze chimiche che attualmente si trovano sul mercato europeo. Più di 100.000, quindi, le sostanze potenzialmente tossiche con cui quotidianamente veniamo in contatto. Tali elementi chimici, infatti, sono contenuti in merci di largo consumo e utensili di uso quotidiano apparentemente innocui e apparentemente indispensabili, quali prodotti alimentari, mobili, giocattoli, apparecchi elettronici e cosmetici.
Sulla base di questa scomoda e pericolosa “convivenza” cui ci costringiamo, ormai è inaccettabile il fatto che per oltre l’85% dei composti chimici oggi commercializzati non si disponga di dati sufficienti per comprendere gli effetti che un’esposizione a basso dosaggio di tali sostanze può avere sull’organismo umano e sull’ambiente, né a breve né a lungo termine.
Il risultato è che le proprietà tossicologiche ed ecotossicologiche di tali sostanze non sono realmente conosciute e che, proprio per tale pigra ambivalenza, queste stesse continuano ad essere commercializzate senza una legislazione “adeguata” che ne regolarizzi, nella pratica, il loro utilizzo.
La situazione è aggravata dall’esistenza di molteplici legami, non solo ipotetici, ma ampliamente dimostrati dalla comunità scientifica, tra malattie, quali allergie, cancro, danni al sistema ormonale e problemi di fertilità - oggi tra l‘altro in decisivo aumento - e sostanze chimiche.
Molti sono gli articoli scientifici che ne attestano la pericolosa presenza nel sangue, nelle urine, nei tessuti adiposi, nel latte materno e nel cordone ombelicale dei neonati. Neppure la propria casa, infatti, è luogo sicuro; a proposito va ricordato che, tutt’oggi, alcune sostanze chimiche utilizzate nella produzione di articoli di uso quotidiano sono strutturalmente simili ai noti policlorobifenili o PCB, nonostante anni fa, a danno compiuto, l’OMS avesse dichiarato che: “i dati ottenuti da studi su esseri umani e animali da esperimento indicano chiaramente che l’esposizione (in particolare quella prenatale) a certi interferenti endocrini (ad esempio i policlorobifenili) può avere effetti nocivi sullo sviluppo neurologico, sulle funzioni neuroendocrine e sul comportamento”. (Damstra T, Barlow S, Bergman A, Kavlock R, Van Der Kraak G. 2002. Global assessment of the state-of-the-science on endocrine disruptors. International Programme on Chemical Safety (IPCS), WHO: Geneva).
In questo panorama “a rischio” chiaramente non si salva neppure l’alimentazione, che, anzi, rappresenta una delle principali vie di esposizione dell’organismo umano agli inquinanti ambientali. Un’attenzione particolare va data agli alimenti di origine animale, in quanto depositi favoriti del 90% delle diossine con cui entriamo in contatto.
Il problema principale è che molte di queste sostanze tossiche sono risultate essere persistenti, ovvero resistenti alla degradazione; facile, dunque, ritrovarle anche a grande distanza dal luogo da cui sono state emesse. Caso eclatante è stato il rilevamento di un elevato tasso di tali inquinanti organici persistenti (POP - Persistent Organic Pollutants) nel latte materno delle donne Inuit, popolo delle regioni artiche, assolutamente prive di industrie chimiche, mentre in donne canadesi sottoposte al medesimo esame di controllo ne era stata registrata una minore quantità.
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