E ADESSO PUBBLICITA'
Violazione degli indici di affollamento, tetti antitrust non rispettati, posizioni dominanti raggiunte. Vita e miracoli degli ultimi scandali pubblicitari in tv.
di Claudia Bruno
Siamo sommersi. Totalmente sommersi da pubblicità, specialmente in TV.
E se è vero che questa è sempre stata ed è la risorsa di finanziamento più importante per ogni mezzo di comunicazione, il suo abuso nasconde purtroppo meccanismi perversi ed incontrollabili che non stentano a ripercuotersi direttamente sul nostro sistema informativo.

Violazione degli indici di affollamento, tetti antitrust non rispettati, posizioni dominanti raggiunte, sono ormai all’ordine del giorno per quanto riguarda le televisioni nazionali terrestri, che reiteratamente e senza controlli affidabili trasmettono spot, telepromozioni, televendite, messaggi pubblicitari, consigli per gli acquisti, interrompendo di continuo la programmazione e andando contro quanto stabilito dalla stessa legge.

Indici di affollamento
Secondo un’indagine condotta da Altroconsumo in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia, attraverso il monitoraggio di un’intera settimana di programmazione nel settembre scorso, i tetti orari di affollamento pubblicitario in tv stabiliti dalla legge Gasparri (approvata nell’aprile 2004) sarebbero ignorati da tutti i canali terrestri nazionali, fatta eccezione per Raitre.

Raiuno e Canale5 correrebbero alla stessa ‘velocità commerciale’, superando del 7,1% il limite massimo di affollamento orario. 4,8% la pubblicità in più per Raidue, mentre Italia1 e La7 superano il tetto rispettivamente del 16,2% e 16,7%. In testa Rete4 che sfora del 24,3%.
Questo tenendo conto che i limiti di legge fissano un massimo di 9,2 minuti di spot per ora di programmazione RAI e un massimo di 10,8 minuti di spot per ora di programmazione delle emittenti nazionali commerciali.
Numeri, che confermano una situazione insostenibile della quale il grande pubblico è a conoscenza già da tempo.

Tutela dei minori
Ma gli indici di affollamento non sono l’unico campanello d’allarme.
Già con la direttiva 89/552/CEE, quella che era la Comunità Economica Europea aveva fortemente sottolineato l’importanza e la delicatezza della questione relativa ai contenuti, ai destinatari, nonché alla modalità di trasmissione dei messaggi pubblicitari. Concetti oggi più volte ribaditi in ambito Europeo, dall’Ue.

La stessa indagine condotta da Altroconsumo, evidenzia una tendenza delle emittenti a trasmettere in fascia protetta (16,00 – 19,00) numerosi spot di alcolici e una serie smisurata di pubblicità riguardanti merendine e snack. Tali da sfociare in pedissequi messaggi poco salutari sotto il profilo nutrizionale, e ancor più gravi se si pensa che siano rivolti ad un pubblico comunque vulnerabile qual’è quello dei bambini. Quest’ultimo aspetto sarà comunque approfondito nella campagna nutrizionale ‘un piatto di salute’ che Altroconsumo porterà avanti per tutto il 2005.

Oltre al rispetto dei tetti pubblicitari e al divieto di trasmettere pubblicità durante i cartoni animati, l’associazione indipendente dei consumatori ha così chiesto all’AGCOM (Autorità Garante per le Comunicazioni), il recepimento e l’attuazione di tutte le normative vigenti sulla tutela dei minori nella programmazione televisiva.


Italia e Unione Europea
E non è tutto. Sempre più spesso questioni del genere assumono carattere sopranazionale, conquistando maggior spazio nelle discussioni in sede Ue, dove prendono forma le normative a riguardo, da recepire poi presso i Paesi membri.

L’Italia è da anni oggetto di rimproveri, non ingiustificati, da parte della vecchia Cee e oggi dell’Unione. Obiettivo di critica non sono soltanto le leggi nostrane, dal carattere tutto particolare, ma gli stessi organismi preposti al controllo del rispetto-leggi nonché all’esercizio delle sanzioni. Entrambi non favorirebbero il recepimento di quanto stabilito a livello Europeo.

Nella lettera inviata dalla Commissione Ue al nostro ambasciatore il 3 novembre 2004, ad essere chiamata in causa non è solo la scarsa severità del legislatore della vecchia legge Mammì (1990), la prima ad introdurre una specifica normativa antitrust per il settore delle comunicazioni. In primo piano viene colpita proprio l’AGCOM, spesso restia ad applicare appieno le sanzioni così come previste dalla legislazione nazionale e dal dispositivo comunitario.

Posizioni dominanti e interventi dell’Autorità
Critiche pesanti, dunque, contro l’Authority.
E pensare che le poche sanzioni applicate fanno ancora tanto scalpore.
L’8 marzo scorso, infatti, è stato proprio il Consiglio dell’AGCOM ad applicare multe pari al 2% del fatturato a Rai e Mediaset per il superamento del limite del 30% nella raccolta delle risorse complessive del sistema televisivo, fissato dalla Legge Maccanico (1997). Si è chiuso così il capitolo sulle posizioni dominanti aperto sei anni prima dalla stessa Autorità.

Le multe, riguardanti la programmazione nei trienni 1998-2000 e 2001-2003, hanno scaturito reazioni di sdegno e disapprovazione nelle due emittenti televisive Rai e Mediaset, entrambe pronte a ricorrere al Tar contro le sanzioni, che ammonterebbero rispettivamente a 20 e 40 milioni di euro.
Eppure la legge Maccanico prevedeva multe comprese tra il 2 e il 5% del fatturato. A quanto pare l’Autorità avrebbe tenuto conto dei ‘rilevanti investimenti’ (peraltro ancora invisibili) effettuati dai due gruppi televisivi per il digitale terrestre. Resta il fatto che, ancora una volta è stato scelto l’estremo più basso della sanzione.

Cosa dire allora a proposito del 2004, dove la Gasparri ha cancellato il limite del 30%, introducendo quello del 20% sulle risorse complessive del Sic (Sistema Integrato delle Comunicazioni)?
L’Authority ha risposto con la triste constatazione che “Il mercato è ancora caratterizzato da una struttura marcatamente duopolistica, a causa delle posizioni lesive del pluralismo di Rai e Mediaset”. Da qui alcune misure correttive per evitare che ciò si verifichi anche con il digitale terrestre.

I problemi, quindi, vanno molto al di là della continua interruzione dei programmi per messaggi pubblicitari, a volte più guardabili della programmazione vera e propria. Oltre gli indici di affollamento vanno celandosi meccanismi di raccolta perversi e accaniti, che alimentano l’insaziabile duopolio televisivo impedendo l’accesso ad altri soggetti e sottraendo agli altri mezzi (carta stampata in primis) dell’attuale ampissimo settore delle comunicazioni, la risorsa principale di sussistenza. E questo finisce inevitabilmente con l'incidere in maniera sostanziale sulla qualità della nostra informazione.


(06/04/2005)