LO SPINOSO CASO DEL BIODIESEL
E’ la rivoluzione dei consumatori, la rivincita dell’ambiente o un disastro di proporzioni inimmaginabili? Il dibattito è in corso da alcuni mesi ma è solo adesso, da quando i telegiornali hanno diffuso la notizia, che il biodiesel sta cominciando ad entrare prepotentemente nei nostri discorsi (se non nelle nostre macchine).
di Rachele Malavasi
Un biodiesel è un combustibile alternativo derivato da materie prime non tossiche, biodegradabili e rinnovabili come oli e grassi animali. Gli acidi grassi contenuti in queste sostanze sono convertiti nei rispettivi esteri d'acidi grassi costituendo il biodiesel.
Proprio in quanto combustibile alternativo, il biodiesel è poco utilizzato…eppure sono sempre di più gli italiani che ne scoprono i vantaggi. Da quei pochi cittadini che già intorno al 2000 avevano cominciato ad utilizzare gasolio miscelato ad olio di colza al 5% (la varietà oleifera del cavolo, venduto nei supermercati come olio di bassa qualità ed un tempo usato per l’illuminazione stradale), il passaparola si è diffuso così tanto, che l’aumento della richiesta (soprattutto al Nord) ha scatenato finalmente la curiosità dei giornalisti.

Sì, perché l'olio di colza, il più diffuso degli olii da biodiesel, costa la metà del gasolio, circa 65 centesimi al litro, e chi ha una macchina a diesel può usarlo come carburante, puro o miscelato. “Può” come possibilità fisica, ma non legale…chi utilizza il biodiesel, infatti, froda il fisco, visto che si tratta di un carburante non tassato. Tuttavia, non solo l’Italia non fa nulla per rendere il biodiesel legale, ma addirittura chiede all’Unione Europea di non agevolarne il commercio: nell’aprile 2001, proprio su richiesta dello Stato Italiano, l'UE ha approvato una disposizione (protocollo numero 501PC0813) per cui può essere ridotta solo la tassa sul biodiesel mischiato al gasolio (al 5% come additivo o al 25% come combustibile per autotrazione di mezzi pubblici), ma non quella sul biodiesel puro, per cui si dovrebbe pagare la normale tassa sui carburanti (fonte: Libera Università di Alcatraz).
In questo modo il prezzo diventerebbe proibitivo. E’ anche vero che, in caso contrario, il guadagno dello Stato sarebbe molto inferiore, e quindi…

Sebbene il “caso biodiesel” sia cosa recente, tuttavia, la possibilità di utilizzarlo in Italia nasce il 27 novembre del 2000, quando presso la Libera Universita' di Alcatraz, a Santa Cristina di Gubbio (Pg), è stato aperto il primo distributore di olio di colza in Italia: un bio-pieno a sole 1.700 lire al litro.

L’idea era nata addirittura nel giugno del 2000, durante una conferenza stampa di Dario Fo e Franca Rame per la presentazione di un libro sull’inquinamento. I due sostennero già allora che, senza danni, “i motori diesel avrebbero potuto funzionare perfettamente a olio di colza e quelli a benzina a metano, gpl, o metanolo”.
Effettivamente, studi sui motori Volkswagen hanno dimostrato che i motori alimentati ad olio di colza, ma anche a grasso animale o margarina sciolta, non solo non subivano danni rilevanti, ma anzi dopo migliaia di km erano praticamente nuovi e non veniva registrata emissione di diossina.

Sembra, infatti, che il biodiesel inquini il 98% in meno rispetto al normale diesel (fonte: Alcatraz). Ma questi dati sono così rassicuranti? Non è forse vero che convertire un combustibile così usato come la benzina, in uno a composizione biologica, porterebbe invece dei seri danni ambientali?
L'Unione Europea vuole che il 2% del petrolio che useremo come biodiesel entro la fine del prossimo anno, salga al 6% entro il 2010 e al 20% entro il 2020.


Usato in scala ridotta come oggi, il biodiesel non “danneggia” l’ambiente, anzi. I livelli imposti dall’UE, tuttavia, farebbero sì che la diminuzione di inquinamento da polveri sottili e idrocarburi, infatti, venga a scontrarsi con la drastica riduzione delle campagne, con tragici effetti a livello ecologico.

Il vantaggio del biodiesel, infatti, si estende solo fino al punto in cui sia possibile utilizzare olio di scarto o comunque già prodotto (vedi l’olio di colza in distribuzione da tempo da Lidl): uno studio in Gran Bretagna ha dimostrato il riciclo di oli da cucina in questo paese potrebbe rifornire solo 100.000 tonnellate di diesel all'anno, l'equivalente di 1/380 del nostro carburante per trasporto su strada.

Secondo lo stesso studio, i consumi di petrolio annui per i trasporti su strada in Gran Bretagna sono di 37.6 milioni di tonnellate. Un ettaro di terreno coltivato a colza fornisce 1,45 tonnellate di biodiesel (composto per il 5% da olio di colza). Affinché auto, bus e camion vengano alimentati completamente a biodiesel verrebbero richiesti, in altre parole, 25.900 ettari di terra per la coltivazione della colza. In Gran Bretagna ce ne sono 5.700. Se il biodiesel venisse liberalizzato si richiederebbe un volume di campi arati pari a 4 volte e mezzo quello attuale…un disastro ambientale.

Fra l’altro, il biodiesel non può essere prodotto solo con la colza, ma anche con l’olio di palma o di soia. Entrambe queste colture sono diffuse in paesi in via di sviluppo dove la manodopera è decisamente a buon costo. E allora via libera a nuova deforestazione, in paesi in cui il problema è già abbastanza grave allo stato attuale (vedi coltivazioni di soia nella foresta Amazzonica). Si tratterebbe di un buon ritorno economico in breve tempo, ma con costi per l’ambiente altissimi…cosa che, quando ci sono di mezzo i soldi, si tiene sempre in basso conto.

Quindi il problema resta piuttosto spinoso. Come ogni questione esistono pro e contro. Noi riteniamo che, prima di firmare petizioni, alimentare l’auto a biodiesel o schierarsi contro la sua produzione, sia necessario analizzare tutti i lati del problema. Mai come ora l’ambiente ha bisogno che la gente, prima di agire, rifletta un attimo di più.


(29/03/2005)