Lo spaesamento dell’essere umano e l’orrore del mondo, davanti al quale gli occhi non possono – per incredulità - richiudersi, percorrono l’intenzione poetica di Anna Maria Ortese. Il suo racconto “Interno familiare” è andato in scena lo scorso 23 marzo all’Auditorium di Santa Cecilia. La serata è stata solo il secondo di cinque appuntamenti previsti fino al 6 giugno prossimo, e sono parte del progetto “ParoleNote” a cura di Lisa Ginsburg.
A una mezz’ora dalla fine dello spettacolo, i saluti, gli abbracci, gli sguardi curiosi, i commenti di rito e un’atmosfera allegra che già preannunciava l’estate coi suoi profumi notturni, incontriamo Danilo Rea.
Pianista d’eccellenza prestato all’accompagnamento della lettura “teatrale”, Rea pare attratto dalle conclusioni imprevedibili. Un po’ come per la musica che lo appassiona si concede a copioni poco scontati: quelli che permettono di cambiare registro perché le parole riescono a sostenere più di un significato.
Al successo della serata e dell’esperimento Rea risponde con un sorriso di scuse: “Era quasi tutto improvvisato”.
Eppure sembrava seguire a ogni riga non solo la voce ma gli umori del testo. “Bisogna sempre anticipare improvvisando, altrimenti si rischia che la parola arrivi prima e ci si trovi già indietro rispetto all’emozione”, dice lui.
Tra i brani musicali si è potuto riconoscere, però, il motivo “Core ‘ngrato”, canzone della Napoli milionaria, dei Murolo, dei corteggiamenti in paglietta e gilet. “In effetti – continua Rea - quello era l’unico pezzo non lasciato all’invenzione del momento. Per il resto ho cercato di immergermi nel clima claustrofobico di un testo non facile”.
La storia è quella di Anastasia, una ragazza brutta che si rassegna a non poter sognare alcuna felicità, neppure quella concepibile da un buon matrimonio.
“Ho sentito molto la cupezza dell’ambiente familiare descritto dalla Ortese, di quel clima che vuole la ragazza chiusa per poterla tenere sempre con sé: la madre, la zia...terribile”.
Questo non è il primo spettacolo a cui Rea partecipa col suo commento musicale. “Avevamo già fatto un esperimento, io e Valerio Mastrandrea, con un testo di Pier Paolo Pasolini. E anche quella fu una bella esperienza: adesso con Valerio siamo grandi amici”.
Rea ha tutta l’aria di un giovane quarantenne che allo studio dello strumento non ha sottomesso il proprio talento. Suona con la semplicità di un respiro a cui non si pensa, toglie il fiato senza mai stordire il pubblico con eccessi di narcisismo. “Davanti non avevo alcuno spartito, solo le pagine lette da Iaia Forte”.
Lo spettacolo prevedeva che il pianoforte seguisse il testo e invece, improvvisando, è arrivato prima...
Rea sarà all’Auditorium ancora il prossimo 30 marzo con un “Omaggio a Biagio Pagano”. “ParoleNote” torna invece a incantarci il 19 aprile alle ore 21.00: testi di Carlo Emilio Gadda, attore in scena Fabrizio Gifuni, sonorizzazioni di Mario Brunello.
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