ALL’OMBRA DELL’ACCADEMIA MUSICALE CHIGIANA LA LA COLLEZIONE DI GALGANO SARACINI
Dal 22 gennaio al 15 giugno, Siena è teatro di un importante mostra, che celebra al contempo la riapertura al pubblico di Palazzo Chigi – Saracini, dopo due secoli, e della sua enorme e grandiosa collezione di opere d’arte.
di Germana Recchia
Il cuore di Siena è una bellissima conchiglia concava, di rosei mattoni, abbracciata e protetta da eleganti palazzi signorili. Il cuore di Siena è Piazza del Campo, retaggio di una vita medievale ancora oggi rievocata dal Palio delle contrade.

Ma Piazza del Campo – beninteso - è anche il salotto confortevole di una splendida cittadina, scaldata dalle passioni di un tempo, dal sole della tradizione, della cultura, dell’arte: storica come enogatsronomica perché tutto racconta l’identità, i sapori, gli odori irripetibili di questo popolo e di questo territorio, accompagnati e scrutati, all’insaputa, dagli stemmi che contraddistinguono le 17 contrade (i quartieri) che tutte riportano lì, al Campo, e invitati pure a ripartirne per esplorare gli altri tanti tesori della città: scrigni nello scrigno. Perché i senesi sono ospitali e chiamano con piacere alla condivisione, perché la loro ricchezza è patrimonio degli uomini.

Proprio come il monumentale Palazzo Chigi Saracini, riaperto al pubblico lo scorso 22 gennaio, dopo due secoli, per regalare ai visitatori una delle più importanti collezioni private del mondo: 12mila pezzi riuniti dal nobile Galgano Saracini e conservati nella dimora dell’antica famiglia, tra l’altro, oggi, sede della prestigiosa Accademia Musicale Chigiana di fama internazionale.

Nel 1806 – raccontano – Galgano apriva al pubblico degli amatori e degli allievi dell’Istituto di belle Arti il “vago e superbo museo” che aveva allestito nella sua splendida abitazione, un piccolo castello medievale a pochissimi passi dal cuore pulsante della città: Piazza del campo. Il “museo”, inaugurato nel 1806, occupava 14 stanze (divenute 20 nel 1819) del palazzo gotico costruito nel Duecento dalla famiglia Marescotti, passato nel 1506 ai Piccolomini Mandoli e acquistato verso il 1770 dal padre di Galgano, Marco Antonio Saracini.


Al suo interno, secondo gli indirizzi del collezionismo settecentesco, Galgano aveva esposto tele, fondi oro, statuette, bassorilievi, disegni, antichità etrusche e romane, maioliche e anche preziose manifatture in avorio, legno e pietre dure. In questa eclettica raccolta spiccavano i dipinti della quadreria dedicata soprattutto alla scuola senese (comprende infatti una ricca serie di capolavori dovuti al Sassetta, Domenico Beccafumi, Brescianino, Rutilio Manetti, Bernardino Mei e altri ancora), nella quale non mancano tuttavia opere di maestri del livello di Bernardo Strozzi e di Salvator Rosa. La riapertura al pubblico del Palazzo, il 22 gennaio scorso, ha così visto l’allestimento nelle sale terrene della mostra “Oltre la Scuola Senese. Dipinti del Seicento e del Settecento nella collezione Chigi Saracini” e qui è stato possibile ammirare i capolavori di Salvator Rosa, Bernardo Strozzi, Simone Pignoni, Pier Francesco Cittadini e Sebastiano Conca, insieme a opere meno note o in gran parte inedite riemerse dai depositi della collezione o rintracciate nei luoghi meno frequentati della dimora.

Un grande evento artistico e culturale, la riapertura di Palazzo Chigi Saracini, che ha reso accessibili per la prima volta al pubblico alcuni ambienti di palazzi privati in cui sembra di respirare davvero ancora l’atmosfera della Siena di Galgano.

E per gli amanti del collezionismo ottocentesco senese c’è anche la possibilità di approfondire e completare la conoscenza visitando il Museo Civico di Montepulciano, dove si conserva la collezione - quasi 200 dipinti - che appartenne al Primicerio della Cattedrale poliziana, Francesco Crociati (1782 – 1861).

E così, salendo verso il Museo, a piedi magari, si potrà davvero respirare la salubrità dell’aria e godere dell’amenità del sito, proprio lo stesso di cui parla Ersilio Fumi nella sua storica Guida di Montepulciano, che ormai possiamo considerare un vero e piacevolissimo romanzo realistico di fine Ottocento (nota 1).

Il panorama è incantevole e ricade sulle vallate ricche di olivi, vigneti e querceti. Ameno è il sito, salubre l’aria e a questo si aggiunge: “la bontà dei prodotti, l’eccellente acqua sorgiva, la gentilezza degli abitanti, la lingua ben parlata, nonché la facilità di mantenere agiata e poco dispendiosa la vita” tutti aspetti che “attirano su questo pittoresco monte moltissimi forestieri, specialmente nella stagione estiva” (nota 2).

E davvero, ancora oggi, incamminandosi per Montepulciano a passo ben cadenzato, affrettati dal desiderio di riscoprire la collezione di Crociati, sembra di riscoprire l’atmosfera del tempo di Fumi: “La vita laboriosa si svolge più specialmente nel mattino fino all’ora del pranzo che è quasi per tutti alle 13.00. L’ora della cena varia dalle ore 20 alle 21. La sera molti si riuniscono nelle farmacie e nei caffè, conversando e giocando a carte. Nelle case private non hanno più luogo con l’antica frequenza glia allegri ritrovi di amici, per cui la ricreazione è molto limitata, e ciò rende molto noiose le lunghe sere invernali” (nota 3).

Per la riscoperta di queste ricchezze e di questi sapori inconfondibili dobbiamo essere riconoscenti alla Fondazione e alla Banca Monte dei Paschi di Siena e alla Fondazione Accademia Musicale Chigiana che hanno promosso l’iniziativa, con il patrocinio dell’amministrazione provinciale e del Comune di Siena e con la collaborazione della Direzione regionale dei Beni culturali della Toscana, della Soprintendenza per il Patrimonio storico, artistico e culturale della Toscana e della Fondazione Musei senesi. Segno che la civiltà dei contradaioli è quella che li porta a “scontrasi” in Piazza del Campo e a dialogare con ottimi risultati sulle vie della città e del mondo.


(07/02/2005)