"In che cosa il calcio assomiglia a Dio? Nella devozione che gli portano molti credenti e nella sfiducia che ne hanno molti intellettuali." Grazie al cielo, viene voglia di dire, tra gli intellettuali che non hanno sfiducia nel calcio e che al contrario gli tributano una devozione sincera e incrollabile c'è lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano, autore, oltre che di saggi appassionati e fondamentali sulla condizione dell'America latina, anche di uno dei più bei libri sul mondo della palla rotonda, un vero e proprio classico del genere, Splendori e miserie del gioco del calcio, da cui abbiamo tratto la citazione iniziale. Edito in Italia nella collana Continente desaparecido della Sperling & Kupfer con la traduzione di Pier Paolo Marchetti, Splendori e miserie del gioco del calcio è come altri libri di Galeano composto da una lunga serie di brevi capitoli punteggiati da dei disegni dello stesso autore, nato, prima ancora che come scrittore, come pittore. In questi fulminanti appunti che prendono di volta in volta la forma del racconto, del ricordo o anche della denuncia, Galeano delinea una sintetica storia del calcio, descrivendone i protagonisti fuori dal campo ( il tifoso, il direttore tecnico ) e dentro il campo ( i giocatori, l'arbitro ), raccontando le caratteristiche dei campioni che ne hanno fatto la storia prendendo spunto da un loro gol, e ripercorrendo le varie edizioni dei campionati del mondo che si sono svolte a partire dal 1930. Vediamo così passare di fronte ai nostri occhi in queste pagine piene d'amore la classe di Pelè, per il quale le nazioni di Nigeria e Biafra firmarono una tregua nella guerra che si stavano combattendo pur di poterlo vedere giocare, e il "caos organizzato" dell'Olanda di Cruyff, in cui tutti i giocatori attaccavano e difendevano insieme, dimostrando di essere "una squadra dove ognuno era undici", fino ad arrivare alla storia, narrata in più riprese, di un bambino che di notte dormiva abbracciato al pallone con cui di giorno faceva meraviglie, e che da grande divenne la stella più splendente degli stadi solo per poi finire con le sue proprie mani nella polvere: Maradona. L'unico rimpianto di questo libro per un lettore italiano è che, data la sua brevità e l'inevitabile ottica sudamericana che lo contraddistingue, dimentichi degli eventi fondamentali della storia calcistica che ci riguardano direttamente, primo fra tutti quella che fu forse la più emozionante partita nella storia dei mondiali, Italia-Germania 4-3, che ha ispirato anche scrittori e cineasti. In compenso però Galeano ci regala una descrizione da applauso di uno dei più bei gol della nostra nazionale, quello di Bettega ai mondiali del 1978 contro la squadra argentina padrona di casa, in cui la giocata dei nostri azzurri, per dirla con l'immagine straordinariamente calzante dello scrittore uruguaiano, "disegnò sul campo un triangolo perfetto, dentro il quale la difesa argentina rimase persa più di un cieco in mezzo a una sparatoria".
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