NOMINATIONS AGLI OSCAR 2005. LE SORPRESE, LE DELUSIONI
L’America del cinema si guarda allo specchio: tanto glamour, i soliti esclusi e qualche sorpresa.
di Andrea Boretti
Gli Oscar del cinema americano sono da sempre un appuntamento imperdibile per gli appassionati del grande schermo. Le nomination di quest’evento ci permettono, inoltre, di tirare le somme di un anno di cinema, il 2004, altalenante, che ha dato soprattutto la sensazione di averci proposto in mezzo a tanto cinema volutamente commerciale e di basso profilo, alcune opere assolutamente di rilievo anche da un punto di vista sociale. Aspetto questo che manifesta tutta la contraddittorietà di Hollywood, patria del cinema, abitata da attori ricchi e divi del pubblico ma anche da artisti veri che non perdono occasione per sparare a zero contro l’establishment.

Ci sono fondamentalmente due modi per parlare di Oscar, uno è quello di elencare i candidati, l’altro è quello di portare in evidenza le scelte più eclatanti dell’Academy. Noi prenderemo una terza via che passa in mezzo alle due precedenti, e inizieremo quindi con il dirvi che i cinque film candidati al premio di miglior film sono anche i cinque che hanno ottenuto il maggior numero di candidature totali, quasi che i candidati alla vittoria come miglior film siano il risultato esclusivamente di un calcolo matematico, beato chi ci crede…

In testa, e non poteva essere diversamente, The Aviator di Martin Scorsese con ben 11 nominations. Come non premiare con una valanga di candidature un film su Howard Hughes, il più famoso e discusso produttore cinematografico americano, oltretutto diretto da uno dei registi più amati da Hollywood e interpretato dalla star del momento? Certo che dopo tutto il parlare di rivincita che Di Caprio ha fatto in questi mesi una sua premiazione finale risulterebbe quanto meno opaca soprattutto se si osservano i concorrenti che si troverà ad affrontare in quella magica serata, ovvero, tra i cinque, l’eterno Clint Eastwood di Million Dollar Baby e lo stupendo Jamie Foxx nei panni di Ray Charles (candidato anche come “non protagonista per Collateral).

Al secondo posto, con 7 candidature, pari merito per Neverland tra poco in Italia con l’affascinante Johnny Depp (nomination come “miglior protagonista”) e Million Dollar Baby del mitico Clint che candidato anche come miglior regista è ancora in grado di incantare con un film che lancia sul palcoscenico mondiale “il peso mosca” Hilary Swank (nomination come “miglior attrice”), dimostrando come qualche ruga in più lo abbia cambiato solo in meglio dai tempi in cui recitava per il nostro Sergio Leone.

Il quarto posto con 6 candidature è di Ray del regista T. Hackford anche lui candidato come “miglior regista”. Sebbene l’interpretazione di Foxx sia veramente da urlo, il film nella sua complessità sembra non aver incantato gran parte della critica, lasciando quindi una certa perplessità sul numero di candidature complessive. Ma anche questo è il bello degli Oscar!


Quinta ed ultima piazza (si fa per dire…), con 5 nominations, per Sideways di Alexander Payne in grado di guadagnarsi anche una personale candidatura come miglior regista. Il film, non ancora uscito nelle nostre sale, viene acclamato dalla critica internazionale, come un’ottima commedia che dopo Election e About Schmidt lancia Payne nell’olimpo del cinema mondiale.

Oltre a quanto detto finora vanno aggiunte alcune considerazioni in particolare sui film a nostro parere sottovalutati dall’Academy, e tra questi Collateral, Closer e Eternal Sunshine of the spotless mind (conosciuto in Italia con l’illuminante titolo Se mi lasci ti cancello), tutti e tre aventi solo due zuccherose nominations. Sconvolge in particolare la mancanza di Michael Mann dal novero dei candidati alla “miglior regia” e di Jim Carrey da quello di “miglior attore”, quest’ultimo ormai da anni riconosciuto come uno dei migliori e più eclettici attori del panorama mondiale ma stranamente sempre snobbato dall’Academy che solo nel 1996 gli concesse una nomination per quel filmetto chiamato The Truman Show.

Come ogni festival che si rispetti gli Oscar già dalle nomination regalano quindi cocenti delusioni ma anche grandi rivelazioni. In questa seconda categoria inseriamo l’originale Hotel Rwanda che ha fruttato a Don Cheadle una nomination come “miglior attore”, ma anche, tra le attrici, la esordiente Sophie Okanedo, sempre per Hotel Rwanda e le veterane Annette Benning (Being Julia) e Laura Linney (Kinsey).

Tra i film d’animazione la lotta a tre coinvolgerà come sempre i titani dell’industria d’animazione, ovvero Dremworks con Shrek 2 e l’attesissima famiglia mafiosa di squali Shark Tale e la concorrente Pixar con l’altrettanto strana famiglia di supereroi de Gli Incredibili. Personalmente votiamo per quest’ultimo che riteniamo rappresenti un ulteriore passo in avanti verso la fusione tra cinema classico e cinema d’animazione.

E infine eccoci al lato sociale di questa manifestazione che da sempre è votata al glamour e allo show-biz, ma non dimentica, o almeno così vuole far credere, di avere un’anima: la sezione documentari. Guardando la lista dei potenziali vincitori due sono le cose che stupiscono immediatamente. Anzitutto, la presenza di Super Size Me il docu-film che denuncia le catene di fast-food di attentare coscientemente alla nostra salute, cosa che il regista, Morgan Spurlock riesce a dimostrare nutrendosi per un mese esclusivamente di Big-Mac e Whooper. Un tema scottante, insomma, di quelli che solitamente in pubblico e nelle grandi occasioni si preferisce evitare. La seconda cosa che ci lascia decisamente basiti è invece l’assenza del documentario che più ha fatto parlare l’America e il mondo intero nell’ultimo anno ovvero Fahreneit 9/11 di Michael Moore. L’esclusione di questo film che tutti consideravano il favorito per la categoria è dovuta essenzialmente ad una regola inserita solo di recente dall’Academy e che, in breve, esclude dalla competizione quelle opere che siano state trasmesse in TV su Network nazionali. Insomma quest’anno, a meno di qualche soprpresa, dal palco del Kodak Theatre non udiremo nessun “Blame on You, Mr Bush, Blame on You!”….


(31/01/2005)