CHE TERRORE AMARE L’AMORE!
TRATTO DA ESTETICAMENTE N°5
Gli uomini? Perdono la testa davanti a un paio di gambe. Carriera e passione? Inconciliabili! Ma è proprio così?

di Daniel Tarozzi
Sfogliando vecchi giornali sono rimasto colpito da due articoli che affrontano, da due punti di vista diametralmente opposti, lo stesso tema: l’amore.
Il primo è stato pubblicato su la Repubblica del 2 dicembre 2003 e riporta una mini-inchiesta secondo la quale, nelle moderne società occidentali, carriera e passione sarebbero inconciliabili e il cosiddetto colpo di fulmine diventerebbe sempre più un’utopia.

La tesi sarebbe rafforzata da alcuni dati: il 42% del campione si dichiarerebbe troppo impegnato per il colpo di fulmine, l’87% non sarebbe pronto a mettersi in gioco per una passione, il 52% preferirebbe storie di solo sesso, mentre soltanto il 33% desidererebbe un nuovo amore.

Per supportare questa tesi l’autrice dell’articolo, Vera Schiavazzi, cita anche il successo di “Against Love” (Contro l’amore), un libro della sociologa Laura Kipnis che ha avuto un notevole successo negli Stati Uniti. La Kipnis nel suo libro cerca di dimostrare come l’innamoramento si riveli nocivo per le donne addirittura in nove casi su dieci: «Una single cinese è più libera di una donna americana sposata: non può lasciare il suo paese, ma esce di casa senza dare spiegazioni a nessuno». L’amore diventerebbe quindi un’autentica prigione per una donna sposata, opprimendola ancor più di quanto faccia un sistema politico semi-dittatoriale.

In molti, del resto, la pensano così. Nella coscienza popolare, il matrimonio è visto come la “tomba dell’amore”, e le barzellette sulle mogli terribili, i mariti adulterini, gli amanti nell’armadio e quant’altro, popolano i nostri giornali e, ahinoi, le nostre televisioni.

L’altro articolo che ha attirato la mia attenzione è un corsivo di Beppe Severgnini pubblicato sul Corriere della Sera dell’11 dicembre 2003. La nota firma del Corriere riporta una ricerca di un gruppo di psicologi canadesi della McMaster University di Hamilton, secondo la quale «le belle donne scombinano l’abilità maschile di valutare il futuro». In pratica i maschi, in presenza di soggetti che risveglino il loro interesse sessuale, agirebbero in modo irrazionale. Nel caso specifico, dopo aver visto delle immagini di bellezze femminili, il campione maschile avrebbe preferito avere un assegno più piccolo subito rispetto a uno maggiore in futuro.

La rivincita dell’uovo oggi sulla gallina domani... Questo perché la smania di ottenere la bella donzella ottenebrerebbe la logica dei soggetti in questione. Il campione femminile, invece, sembrerebbe immune da tale irrazionalità. Forse perché convinto di non aver bisogno di una piccola quantità di denaro per conquistare un uomo oggi, ma piuttosto di una grande quantità di denaro domani per pagare l’avvocato per il divorzio…


Battute di dubbio gusto a parte, queste due ricerche, pur essendo distanti anni luce l’una dall’altra, danno un quadro abbastanza preciso di come sia visto l’amore nella società odierna. Da un lato come un ostacolo alla propria libertà, ai propri impegni e alla propria realizzazione lavorativa, dall’altro come un puro fattore biologico da studiare in laboratorio con campioni più o meno attendibili.

Le donne sarebbero quindi ciniche e disilluse e gli uomini tonti e assatanati.
In effetti, è certamente vero che molte coppie finiscono per rinchiudersi in rapporti asfissianti e opprimenti e che molti uomini sono letteralmente rincitrulliti quando vedono un paio di gambe “sculettargli” davanti. Purtroppo, però, invece di affrontare la malattia, ancora una volta rischiamo di sopprimere il paziente. Il modello socialmente diffuso di amore è in crisi? Il lavoro e la carriera, stanno diventando le uniche possibilità di raggiungere la propria realizzazione? Bene, eliminiamo l’amore dalle nostre vite e tanti saluti. In questo modo cerchiamo di evitare la sofferenza, ma spesso finiamo col fuggire la felicità.

E se poi non fosse così? E se milioni di persone oggi soffrissero proprio per la mancanza d’amore? E se uomini e donne sognassero il colpo di fulmine, la fuga romantica, le cenette e i cinema, ma temessero il biasimo sociale dichiarandolo? La sociologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann indica questo meccanismo come “spirale del silenzio*” : le opinioni favorevoli alla maggioranza verrebbero sovrarappresentate nelle aspettative generali, mentre quelle contrarie verrebbero più facilmente sottostimate e taciute dagli individui. In questo modo, l’opinione ritenuta minoritaria risulterebbe sempre più minoritaria, in una specie di serpente che si morde la coda…

In ogni caso, il problema è serio. Una società che ha paura dell’amore è malata tanto quanto una che ha paura di ammettere di desiderare l’amore. Bisognerebbe indagare a fondo sulle motivazioni che spingono le persone a fuggire la “forza che move tutte le cose”. Viviamo nel secolo delle paure: la paura degli attentati, la paura degli stranieri, la paura del diverso, la paura delle malattie, la paura delle catastrofi naturali… Forse, però, ciò che dovrebbe spaventarci più di ogni altra cosa, e che dovrebbe farci riflettere sul futuro della nostra specie, è perché mai, oggi, si abbia paura dell’amore.



*Noelle-Neumann, Elizabeth La spirale del silenzio: per una teoria dell'opinione pubblica, Roma, Meltemi, 2002.


(14/06/2007)