“Può un omo, arrivato oramà alla fine della so carriera, arribillarsi a uno stato di cose che ha contribuito a mantiniri?” Questa domanda che il commissario Montalbano rivolge a se stesso nel finale della Pazienza del ragno- e che significativamente Salvatore Silvano Nigro, già curatore del secondo dei due Meridiani dedicati a Camilleri, evidenzia nel risvolto di copertina- è il cuore e la ragione dell’emozionante epilogo dell’ultima storia del personaggio letterario più amato dagli italiani.
Reduce dall’inchiesta più dura della sua carriera, raccontata nel precedente Il giro di boa, e che l’ha portato sull’orlo della morte, Montalbano in questo nuovo romanzo edito da Sellerio si ritrova a fare i conti (a mezzo servizio, perché ancora non totalmente reintegrato nelle sue funzioni per motivi di salute) con le indagini sul sequestro di una ragazza di vent’anni, un sequestro che, a mano a mano che la trama si dispiega, sembra essere stato ordito con la perfezione e la pazienza di un ragno da dei sequestratori anomali, animati, più che dal desiderio di ottenere i soldi del riscatto, dalla volontà di svilire per sempre agli occhi dell’opinione pubblica chi quel riscatto dovrà pagare.
E sarà proprio questa anomalia nello svolgersi delle vicende a insospettire sempre di più il commissario di Vigàta, a spingerlo a cercare una verità privata e intima che vada oltre quella falsa e ufficiale in cui tutti, dagli inquirenti alle persone comuni, credono. Una verità che si rivelerà compiutamente solo nel finale di questo giallo singolare, senza spargimenti di sangue né delitti, un giallo che se soprattutto all’inizio sembra procedere un po’ noiosamente e come con il pilota automatico, si riscatta poi meravigliosamente nelle pagine finali, in un ultimo capitolo indimenticabile, e che è forse il più umano e coinvolgente che ci sia mai capitato di leggere nelle storie di Montalbano.
|
|