Lungo la costa del litorale romano fra case, campi e mare, si estende il Monumento Naturale Palude di Torre Flavia. Il nome si riferisce ad un’antica torre difensiva di epoca medievale, un rudere in mezzo al mare collegato alla terra solo grazie ad una lingua di sabbia.
L’area protetta, dell’estensione di 40 ha, è stata istituita nel Marzo 1997, fra il Comune di Cerveteri e quello di Ladispoli (RM).
Base essenziale per numerosissime specie di Uccelli acquatici e Passeriformi (tra cui il Cavaliere d’Italia, il Voltapietre, la Beccaccia di mare, il Fratino, varie specie di Anatidi e di Ardeidi, la Cannaiola ed il Cannareccione), la Palude di Torre Flavia ospita anche diverse specie di Anfibi (Rana verde e Raganella), Rettili (tipo la Biscia d'acqua) e Mammiferi (Arvicole, Istrici, Toporagni e, raramente, Volpi e Donnole), che vivono fra la palude e le meravigliose dune del litorale laziale, ormai rare su tutta la costa.
Le caratteristiche dell’area hanno attirato l’attenzione della Comunità Europea, che ha deciso di proclamare la Palude di Torre Flavia sia Zona di Protezione Speciale sia Sito di Importanza Comunitaria, e quindi si è presa l’impegno di proteggerla attivamente.
Sebbene quindi Torre Flavia sia protetta da ogni punto di vista, la sua situazione è al limite del degrado. A partire dall’inizio del secolo, quando la bonifica della palude ne ha ridotto fortemente l’estensione (poi ripristinata grazie all’attività di piscicoltura sostenibile, essenziale per suo il mantenimento), passando per l’urbanizzazione di Campo di Marte negli anni ’60, che ha distrutto il fosso Zambra che alimentava la palude, fino alla situazione attuale, Torre Flavia ha subito una serie di abusi ambientali che è diventato quasi impossibile eradicare.
Parte dell’area è occupata da abusivi che, favoriti dall’atteggiamento assolutamente indifferente delle forze dell’ordine e dell’amministrazione comunale di Cerveteri e Ladispoli, hanno addirittura costretto la Provincia di Roma (l’Ente gestore dell’area) a riperimetrare l’area indipendentemente da quanto scritto su carta. In pratica, visto che lo sfruttamento illegale si estendeva a macchia d’olio, la Provincia ha costruito una rete di separazione fra l’area ancora intatta e quella occupata dagli abusivi, tagliandoli fuori dalle zone a maggiore naturalità ma senza potergli impedire di occupare vaste porzioni dell’area protetta. Ovviamente, la responsabilità non va data alla Provincia che ha solo cercato di limitare il danno nelle modalità che gli erano permesse.
Le attività abusive presenti nell’area protetta sono davvero poliedriche: fra le meno gravi discariche lungo la spiaggia, bracconaggio, transito di mezzi fuoristrada, pascolo abusivo.
Le due attività a maggior impatto antropico sono i due stabilimenti balneari e l’allevamento cinofilo, i primi perché hanno stravolto completamente l’ambiente di palude trasformandolo a proprio piacimento (direttamente con colate di cemento), il secondo perché laddove dovrebbe esserci una zona paludosa, si estende un prato secco quasi privo di significato.
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Gli stabilimenti sono stati costruiti all’estremo nord e sud dell’area protetta, ognuno con un’estensione di diversi ettari. Durante la stagione estiva sono attivi i tipici servizi offerti da uno stabilimento balneare, compresi campeggio e parcheggio, mentre nel resto dell’anno uno è in pausa e l’altro passa all’allevamento di galline, oche ed altri animali da cortile e non (alcuni animali esotici sono stati sequestrati), come si trattasse di una qualsiasi fattoria. Nel Maggio di quest’anno erano presenti per l’ennesima volta delle scavatrici per la costruzione di nuove strutture.
L’allevamento cinofilo occupa invece una parte più interna, a ridosso della zona paludosa di Torre Flavia. Nel 1998 l’area era sotto la gestione provvisoria del WWF Lazio. A quei tempi, quando chiesi perché nessuno interveniva per riportare la situazione alla normalità, mi venne risposto che gli stessi responsabili amministrativi della zona traevano vantaggi dall’abusivismo edilizio.
L’allevamento è formato da una serie di cucce, se così possono essere chiamate, distanziate una dall’altra in modo che i cani non vengano a contatto. Sono dei semplici cubi di lamiera, freddi d’inverno e caldi d’estate. I cani (Rottweiller) sono per la maggior parte del tempo tenuti a catena ed il loro destino non è noto (la LAV esclude che si tratti di combattimenti, ma non si è occupata ulteriormente della questione).
La situazione attuale è identica a quella che si osservava nel 1998. I cani hanno avuto varie volte dei cuccioli, per legge testimonianza di allevamento, ma non è servito a smuovere le forze dell’ordine. Nei primi anni il WWF ha chiamato dei veterinari, ma dalla loro visita risultava la buona salute degli animali, sia fisica che psicologica (i veterinari erano stati scelti dal Comune).
La situazione è molto complessa. Diversi Enti e singoli cittadini hanno provato a smuoverla attraverso denuncie e lettere.
Una denuncia ufficiale è stata accettata, ma ormai è da parecchi anni che l'incartamento si trova al vaglio della magistratura presso il Tribunale di Civitavecchia, in attesa che chi di dovere si pronunci in merito.
Sono state scritte lettere a giornali ed emittenti televisive, ed ovviamente alle autorità che dovrebbero occuparsi della protezione della Palude di Torre Flavia, compreso il Mediatore Europeo, teoricamente il mezzo attraverso il quale i cittadini della CEE fanno valere i propri diritti (non dimentichiamo che Torre Flavia è riconosciuta a livello comunitario).
Sebbene deturpata in questo modo, il Monumento Naturale Palude di Torre Flavia resta un’area protetta di eccezionale importanza ecologica.
La Provincia sta gestendo la situazione nel miglior modo possibile, sia attivando diversi progetti di interesse scientifico e culturale, sia grazie alla divisione dell’area in zone di differente fruizione, in modo da permettere ai visitatori di osservare la bellezza della palude senza intaccarne l’ambiente.
La presenza di diverse specie di Uccelli migratori ha permesso l’istituzione nell’area di una stazione di inanellamento, in cui il Corpo Forestale dello Stato effettua il monitoraggio delle popolazioni ornitiche. Contemporaneamente, sono in corso diverse attività di censimento della fauna soprattutto ad opera delle Università romane.
Quando le istituzioni non svolgono il proprio dovere e la loro incompetenza danneggia l’uomo o l’ambiente, è giusto far sentire il proprio disaccordo. Questo è uno solo dei numerosissimi casi di abusi ambientali che si perpetuano in Italia. Sta ad ognuno di noi cercare di riportare la situazione a vantaggio dell’ambiente.
Foto degli abusi di Rachele Malavasi
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