In uno degli scritti del suo ultimo libro, Una sporca storia, Luis Sepulveda racconta, come un critico difficilmente avrebbe il coraggio di fare ma come invece viene naturale a un lettore appassionato, la sua scoperta della storia più bella e rappresentativa di Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare:
"La prima volta che ho letto Il vecchio e il mare avevo sedici anni, l'età in cui una legge naturale ci avvicina alle grandi scoperte e alle più importanti rivelazioni.
Quel libro ha lasciato un segno dentro di me e ha determinato la mia passione di lettore. Nelle sue pagine ho scoperto che la vita acquista davvero valore solo se ce ne facciamo carico decisi ad arrivare fino in fondo alle imprese, senza curarci se queste sono o non sono importanti per gli altri. La grande solitudine del vecchio pescatore è piena di gloria, il suo sogno è puro perché culmina nel conseguimento di un obiettivo personale: solo lui può giungere fino in fondo alla sua avventura e, se non lo farà, sarà l'unico responsabile del fallimento e dovrà renderne conto solo a se stesso. E questa illustre solitudine lo rende universale, erede di Prometeo e di Icaro, di Ulisse e di don Chisciotte della Mancia."
La grande solitudine di Santiago - così si chiama il vecchio pescatore protagonista della storia di Hemingway - è davvero universale e degna di essere erede di quella dei personaggi citati da Sepulveda. E questo anche perché nel Vecchio e il mare Hemingway riesce a trovare quell'equilibrio narrativo che forse aveva cercato lungo tutta la sua opera.
Infatti nelle pagine della semplice e scarna storia della pesca solitaria di Santiago si rimane sospesi tra la forma del racconto breve, in cui Hemingway eccelleva per quel che sapeva dire di meno, e quella del romanzo lungo, dove invece tutto quello che scriveva di superfluo si faceva notare in lui più che negli altri romanzieri, dato il severo dominio tecnico che lo scrittore americano imponeva ad ogni sua pagina.
Per questo motivo - che può essere tranquillamente definito per la sua lunghezza sia un racconto lungo che un romanzo breve - rappresenta stilisticamente la quadratura del cerchio della scrittura di Hemingway, che qui fa risplendere attraverso un solo personaggio e la sua storia estrema eppure quotidiana i motivi di fondo che attraversarono la sua intera opera: l'inutilità della vittoria e la dignità nella sconfitta, consapevole, come ricorda Fernanda Pivano traduttrice dell'ormai classica edizione italiana della Mondadori, di aver scritto con Il vecchio e il mare la cosa più bella della sua vita, e che gli pareva potesse fare da epilogo a tutto quello che aveva imparato o aveva cercato di imparare mentre viveva e cercava di vivere.
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