La conferenza di Bali, che con i suoi 192 paesi e 10000 delegati ha rappresentato il più grande vertice mai organizzato sull’ambiente, doveva concludersi oggi ma allo scoccare della data di scadenza giunge una proposta che ritarda la chiusura del summit e rischia di vanificare i lavori…
È stato un incontro di circa due settimane caratterizzato dagli appelli a più voci di “stringere i tempi” perché adesso realmente il pianeta non può aspettare.
“Bisogna agire adesso”: ha detto ieri il nostro ministro per l’ambiente Pecorario Scanio (probabilmente sollecitato dalle bacchettate che l’Italia ha subito nei giorni scorsi alla conferenza).
Evidente ormai la necessità di attuare in tempi brevissimi provvedimenti rigidi ed efficaci soprattutto per il taglio delle emissioni di CO2, difficile però trovare un’intesa quando i partecipanti al “gioco” sono così tanti e ancor di più se si considera la dura opposizione che vede in prima linea gli Stati Uniti, colosso non solo economico ma anche inquinante.
Watson, delegato di Washington, qualche giorno fa aveva avvertito tutti che la decisione di ridurre le emissioni presa dal senato americano non avrebbe influenzato il “no” degli Stati Uniti all’obbligatorietà del taglio.
Arriva oggi la conferma della linea dura degli USA e l’allarme del WWF che, alla luce della proposta lanciata ora dall’amministrazione statunitense, appoggiata dalla Russia e il Canada, teme il totale fallimento delle trattative in corso nell’isola indonesiana.
Il nuovo accordo, secondo il governo di Bush e gli altri due paesi, non dovrebbe prevedere impegni specifici di riduzione di CO2 a livello internazionale, ma, al contrario, ogni paese dovrebbe adottare le misure che più ritiene opportune.
James Leape, direttore generale del WWF internazionale, che ha seguito costantemente la conferenza, denuncia questa proposta di sostanziale “non azione” contro i cambiamenti climatici che esporrebbe il pianeta ad un rischio maggiore di quello in cui si trova adesso.
“Andate avanti anche senza gli Stati Uniti”: questo il consiglio che da Bali suggerisce Al Gore. Il premio nobel per la pace ed ex vicepresidente degli Stati Uniti, che qualche giorno fa aveva sollecitato i partecipanti alla conferenza ad anticipare la stesura di un protocollo più rigido al 2010, consapevole che bisogna agire in fretta, suggerisce ora alla platea di procedere, rassicurato dalla convinzione che quando nell’amministrazione americana ci sarà “il passaggio di consegne”, che vedrà Bush perdere il suo posto di comando, gli Stati Uniti cambieranno politica ambientale.
Il segretario del summit Yvo de Boer ritiene invece che in una tale situazione sia impossibile ottenere dei risultati: come pensare di salvare l’ambiente se i paesi più inquinanti continueranno ad inquinare?
E l’intesa a Bali appare sempre più lontana…
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