Parlare della capacità di amare implica necessariamente, da un approccio gestaltico all’essere umano, descrivere quell’atto sia simbolico che concreto di aprire i propri confini psico-corporei per permettere al mondo esterno (sia esso costituito da un partner o da una cerchia di persone, oppure da un amico o da un figlio), di interagire e scambiare grazie proprio a questa apertura.
L’amore, come sentimento nei rapporti di coppia (uomo-donna e/o omosessuali), anche come specifica espressione nella sessualità, si manifesta come “attrazione”, in senso lato, di individui o parti di essi che in qualche modo tendono a completarsi.
Dalla fisica sappiamo che i poli opposti si attraggano e si completano, e questo è ciò che accade in certi tipi di relazioni umane, soprattutto quelle dove è implicato il “cuore”.
Spesso si parte dalla condivisione di aspetti comuni (interessi e punti di vista simili, ecc.) e dall’attrazione legata a sensazioni piacevoli (caratteristiche fisiche, odori, modi di esprimersi) e poi, pian piano, si scopre che ci si può integrare negli aspetti mancanti ad entrambi, costruendo così una relazione complementare.
Ed è proprio in questa fase che inizia a manifestarsi un sentimento più profondo, un amore legato non più tanto a sensazioni ed emozioni di attrazione, che tutto sommato sono sempre in trasformazione, ma da una scelta consapevole di condivisione, anche nella diversità dei punti di vista.
In genere, si è disposti ad aprire i propri confini, quindi a lasciare andare le proprie difese, e affidarsi in momenti di puro abbandono nell’altro in cui lo scambio fisico, psicologico ed energetico può essere molto profondo, ed in cui si vive intensamente la dimensione del “noi”.
Ovviamente, in uno scambio di amore sano è necessario che questi momenti di estrema apertura si alternino ad altre fasi in cui i confini individuali si ricostituiscono, così ogni elemento della coppia può vivere a pieno anche la propria individualità.
Infatti, può essere molto rischioso, per la salute psico-fisica, vivere prolungate fasi di apertura dei propri confini (simbolicamente immaginate come se una parte del nostro contorno corporeo, della nostra pelle avesse una falla!) perché inevitabilmente portano ad una condizione simbiotica che provoca solo dipendenza, e quindi perdita della propria autonomia ed individualità.
In questa modalità, risulta poi difficile distinguere tra il bisogno dell’altro perché senza di esso non si è capaci più di vivere, ci si sente incompleti e talvolta vuoti, e la scelta consapevole di condividere una fetta della propria vita con un simile verso il quale si è attratti.
Nella relazione tra genitori e figli può innescarsi un meccanismo analogo.
L’esperienza della madre più di ogni altra parte dal custodire nel proprio grembo, quindi all’interno dei propri confini corporei, una nuova vita.
Dopo nove mesi quest’uovo protettivo si rompe, e da una fenditura viene fuori un nuovo esserino che è inevitabile sentire come una diretta estrinsecazione del proprio corpo.
Tra l’altro, nella prima fase di vita del bambino, i genitori vivono fino in fondo la condizione di essere indispensabili per la vita del nuovo essere, il quale vive in uno stato di assoluta dipendenza dal mondo esterno. Questo tipo di relazione sviluppa, in genere, un sentimento di amore molto profondo che coinvolge la vita dei genitori nella sua totalità.
Anche per questo poi, quando i bambini cominciano ad assaporare sempre più l’autonomia, a cominciare da quella motoria, per i genitori, e soprattutto per la mamma, iniziano le prime esperienze di distacco, che a volte non si riescono a metabolizzare immediatamente (non si sa bene come collocare nella propria vita il senso di inutilità che la relazione con un figlio che cresce porta a sentire).
E andando avanti negli anni dello sviluppo del proprio figlio, per un genitore può risultare sempre più complicato manifestare un amore incondizionato.
C’è spesso un sottofondo di aspettativa di riconoscenza nei confronti del proprio figlio, ossia “io ti amo, ti proteggo, faccio qualsiasi cosa per te quindi mi aspetto che tu non mi abbandoni”.
In ambito psicoterapeutico spesso mi trovo a contatto con individui che vivono relazioni di dipendenza non funzionali al loro benessere, come figli o come partner.
Comunque, quando si arriva alla consapevolezza di accettare relazioni in cui il movente è il “bisogno di…”, è proprio lì che si può innescare un processo di cambiamento che va in direzione di relazioni sempre più facilmente mosse dalla scelta, e perché no, dal cuore.
In questi casi, parlare di cuore vuol dire riferirsi a quella sensazione di pienezza, di calore che si può avvertire anche fisicamente al centro del torace, e che poi si espande a tutto il corpo, partendo da quello che nelle culture orientali viene definito chakra del cuore.
Vi assicuro che connettersi con questa energia, posta spesso in relazione con quella solare che scalda irraggiando, è un’esperienza estremamente piacevole e salutare!
Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800
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