COMUNICARE CON CORPO, MENTE E CUORE
Non bastano le parole per comunicare, bensì accorgersi di ciò che avviene nel "tra"...
di Dott. Maria Rosa Greco. Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
Qualche giorno fa, in una stupenda spiaggia del Mar Rosso, sentivo accanto a me gente italiana parlare, anzi chiacchierare “del più e del meno”.
E, dopo un arrivederci generale, due delle persone rimaste a prendere il sole si sono chieste: “ma di cosa parlavano le persone andate via?”.

Non era mia intenzione origliare, ma le loro voci erano talmente rimbombanti che era impossibile non sentirle!
Comunque, come spesso accade, qualsiasi situazione in un momento qualunque di vita quotidiana può diventare uno spunto per riflettere.
L’ambiente esterno è sempre uno specchio pronto a riflettere ciò che ci appartiene in quanto a pensieri o aspetti fisici o sensazioni.
Quindi, l’ascolto sullo sfondo di quelle voci che chiacchieravano mi ha portato ad osservare che non avevano comunicato alcun messaggio significativo.

Quante volte attorno a noi sentiamo o noi stessi emettiamo suoni e formiamo parole anche se non abbiamo nulla da comunicare, ossia da trasmettere o esprimere?
A mio avviso, per comunicare è necessario sintonizzare in un’unica frequenza corpo, mente e cuore.

Ciò significa che il nostro corpo vuole ascoltare e cogliere i messaggi che arrivano da altri corpi, la nostra mente vuole elaborare e produrre pensieri che possono esprimersi ad alta voce o sotto forma di riflessioni silenziose, il nostro cuore vuole entrare in empatia, quindi comprendere cosa sente e vuole l’altro e quindi rispondere di conseguenza.

Per mettere in moto tutto ciò nella vita quotidiana, non è necessario possedere delle competenze particolari, né affrontare solo argomenti impegnativi dal punto di vista intellettuale.
Si può comunicare davvero anche discutendo del karkadè (tipica bevanda egiziana): ascoltando con tutta la nostra totalità quando qualcun altro si sta esprimendo, parlando a nostra volta col desiderio di voler condividere un nostro pensiero o un’emozione.

A volte, purtroppo, si usa il linguaggio verbale semplicemente per distrarsi da se stessi “parlandosi addosso”.
A volte questa distrazione è determinata dal bisogno o dal desiderio di fuga.
E’ tipico, ad esempio, parlare per non sentire l’imbarazzo o un’altra emozione che si ha difficoltà a gestire.
Inoltre, ci sono persone che hanno una vera e propria difficoltà a rimanere in silenzio ed a sentirlo intorno. Spesso, in questi casi, il silenzio viene associato alla solitudine.
Ma queste stesse persone non hanno poi la consapevolezza di essere soli anche mentre producono o sentono centinaia di parole.

G. I. Gurdjieff, uno dei più grandi ricercatori occidentali di esperienze di crescita interiore del ventesimo secolo, affermava che produrre parole senza comunicare comporta un enorme dispendio di energie ed è uno dei migliori modi in cui l’essere umano preferisce dormire, da sveglio, rimanendo nell’illusione di avere vissuto realmente.

Se volete aumentare i momenti di presenza in voi stessi quando comunicate con qualcuno, chiedetevi se state realmente trasmettendo qualcosa di voi, se avete chiari gli obiettivi della comunicazione e cosa vi vuole dire il vostro interlocutore, seppure “tra le righe”.
In definitiva, chiedetevi se state interagendo incontrando l’altro in quello spazio ideale ed immaginario che si trova tra in e out, tra l’interno e l’esterno.

Come terapeuta non posso non riconoscere che è in quello spazio del “tra” che avviene ogni tipo di scambio, ogni genere di interazione sana e di esperienza.
Ed è quello spazio che le persone che chiacchieravano in spiaggia non hanno vissuto, mentre 4 metri più avanti grossi pesci colorati erano intenti a sgranocchiare coralli e una manta passeggiava quasi “aleggiando” indisturbata.

Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800



(08/01/2008)