DIEGO RIVERA
GRANDE MOSTRA A CITTA' DEL MESSICO

La capitale del Messico celebra con una importante mostra i 50 anni dalla scomparsa del suo artista più rappresentativo, Diego Rivera (1887-1957). Fino al 16 dicembre.
di Claudia Pecoraro
“Diego Rivera. Epopeya Mural”, questo il nome della mostra, fa seguito alla più grande esposizione mai dedicata a Frida Kahlo - moglie e artista indissolubilmente legata a Rivera - che ha celebrato i 100 anni dalla sua nascita. La nuova esposizione, al Museo delle Belle Arti, raccoglie 170 opere, tra cui 23 affreschi e decine di bozzetti e disegni realizzati dal pittore in Messico e negli Stati Uniti.

L’opera più attesa è sicuramente una tela monumentale (260 x 450 cm) che si riteneva smarrita dal 1954, fino a quando è riemersa nel 2000 dai magazzini del Museo Puskin di Mosca. Il dipinto bi-fronte, dal titolo satirico “Gloriosa Victoria” ritrae da una parte gli abusi americani contro il popolo del Guatemala, mentre l'altra facciata, non ultimata, mostrerebbe secondo gli esperti lo sfruttamento dei lavoratori nelle fabbriche americane.

L’opera rappresenta, tra i tanti personaggi, il presidente Eisenhower sotto forma di una bomba, e per questo fu censurata negli Stati Uniti e regalata da Rivera al governo sovietico.

Questo fu solo uno degli episodi di scontri politici in cui si trovò coinvolto il pittore, attraverso un lungo e complesso rapporto col partito comunista, ma sempre in prima linea nel denunciare ingiustizie e atrocità passate e presenti, illustrando con la sua arte la storia del Messico, dalla conquista spagnola all’indipendenza alla rivoluzione.
Influenzato dalla rivoluzione messicana (1910-1915) e da quella russa (1917), Rivera riteneva che l'arte dovesse giocare un ruolo di rafforzamento della classe operaia affinché questa potesse comprendere la sua stessa evoluzione storica.
Diego Rivera divenne presto un leader carismatico, impegnato a diffondere l’opportunità di un Messico migliore, alla testa delle nuove generazioni di artisti che come lui combatterono la difficile realtà sociale di quegli anni anche a rischio della propria vita.

Attratto dall'arte tradizionale pre-colombiana fin da adolescente, pittore prodigio da bambino, grazie ad una borsa di studio parte per l’Europa, dove si accosta al cubismo di Picasso, ai fauve, al futurismo, per poi tornare in patria dove darà vita a quella che sarà considerata la più grande espressione muralista dell'epoca, affrescando chilometri e chilometri di pareti in edifici pubblici e privati.

La forma dell’affresco gli consente di diffondere la sua arte sui muri, rendendola quindi accessibile al popolo anziché isolarla nei musei e nelle gallerie. I suoi murales dipinti per più di quarant'anni con dedizione totale tanto da rimanere incollato sui ponteggi anche per giorni, mangiando e dormendoci sopra, raccontano delle vicende del suo popolo, dei peones, della loro schiavitù, fin dalle antiche civiltà (azteca, zapoteca, totonaca, huasteca), avvalendosi di uno stile folkloristico, coniugando il moderno e l'antico con personaggi dai tratti sicuri, severi che vanno a formare gruppi compatti di forme, di volumi, di colore.


La sua vita, tanto artistica, sociale e politica quanto personale, fu indissolubilmente legata a quella di Frida Kahlo, figura altrettanto fondamentale per il Messico, se non per tutta l’arte contemporanea occidentale. «Io non lo sapevo allora, ma Frida era già diventata il fatto più importante della mia vita. E continuerà ad esserlo, fino al momento in cui morirà, 27 anni dopo», dirà Rivera sul loro primo incontro nel 1928.

Non si può pensare a Diego senza Frida, né a Frida senza Diego. Alleati, compagni di viaggi e di lotte, sostenitori reciproci della loro arte, marito e moglie per due volte, innamorati tenerissimi e appassionati, amanti insostituibili nonostante i continui, plateali, impudenti tradimenti da parte di lui, poi anche di lei.

Per questo ci piace concludere, omaggiando il grande pittore attraverso le parole di Frida, che gli dedicò nel ’49 uno dei più straordinari ritratti che mai donna ha realizzato per il suo uomo: «LA SUA FORMA: [...]I suoi occhi sporgenti, scuri, intelligentissimi e grandi, sono trattenuti a fatica nelle orbite – quasi vi escono attraverso palpebre gonfie e prominenti, come quelle di un rospo, molto distanti l’uno dall’altro, più di altri occhi. Gli servono per abbracciare col suo sguardo un campo visivo amplissimo, come se fossero stati espressamente creati per un pittore di spazi e di folle [...].
IL SUO CONTENUTO: Contraddittorio come ciò che muove la vita è, al tempo stesso, immensa carezza e scarica violenta di forze potenti e uniche. Lo si vive dall’interno, come il seme che la terra custodisce, e dall’esterno, come i paesaggi naturali. [...] eccezionalmente entusiasta della vita e, al tempo stesso, sempre scontento per non essere riuscito a conoscere di più, costruire di più, dipingere di più. [...] In questi venti anni l’ho visto combattere contro il complesso meccanismo delle forze negative che si oppongono alla sua spinta di libertà e di trasformazione [...]. Diego non ha amici, ma alleati. Quelli che trova in sé stesso sono magnifici: la sua intelligenza brillante, la sua conoscenza lucida e profonda del materiale umano al cui interno lavora, la sua solida esperienza, la sua vasta cultura che non si è costruita sui libri ma è induttiva e deduttiva; il suo genio e il suo desiderio di costruire, avendo la realtà come fondamento, un mondo libero dalla viltà e dalle menzogne. [...]»



“Diego Rivera. Epopeya Mural”
Città del Messico, Messico
Museo del Palacio de bellas Artes
27 settembre – 16 dicembre 2007


(08/10/2007)