L’essenza del teatro di Cechov viene portata sulla scena da Massimo Castri in questa rappresentazione del testo Tre sorelle. Un’essenza inquietante, l’effimera illusiorietà della condizione umana, che si estrinseca, semplicemente, nella pedissequa fedeltà alla pagina scritta da Cechov, nel rimanere il più aderente possibile al testo.
Ma la semplicità con cui una rappresentazione teatrale si dipana nel corso della lunghezza del dramma è sempre il frutto della concorrenza di più lavori. Quello attoriale, quello scenografico, quello coreografico. Tutti questi fattori, in questo lavoro, interagiscono magistralmente dando vita a quello che, a detta dello stesso Castri, è il testo più duro e cupo di Cechov.
La tragicità dell’esistenza umana, infatti, si assomma ad un aleatorio messianismo evoluzionista, diventando ancor più patetica. L’istinto di sopravivenza delle tre sorelle lascia loro la speranza di poter vivere un giorno nella capitale moscovita -città che rappresenta, per la loro situazione contingente, un utopico paradiso terrestre- e fa il palio con la necessaria, ma tuttavia infondata, fede nel progresso e nella scienza, manifestata dai generali che frequentano la loro abitazione.
Intorno alla grande tavola rotonda al centro della scena si susseguono discussioni personali su amori e speranze di vita migliore che il passare del tempo dimostrerà caduche e fallaci. Allo stesso modo si delega, costantemente, ad un domani non ben precisato, un miglioramento della condizione umana, legato al lavoro ed alle conoscenze degli stessi uomini.
Queste frasi, questi dialoghi, o meglio monologhi esternati, dei personaggi contrastano fortemente con l’ineludibile fallimento individuale che il tempo della rappresentazione mette in scena. O per meglio dire, con l’insieme dei destini fallimentari di ogni individuo sulla scena che esplicitano la tragedia universale dell’umana sofferenza.
Un destino eterno ed immutabile, come la nuda roccia che fa da pavimento e che suggerisce una dimensione fuori dal tempo, mitica, paradigmatica. E le stagioni che si susseguono perennemente e che fanno da contenitore a questi piccoli drammi umani, come il cambio dei fondali scenografici – rappresentanti il cielo, prima azzurro, poi scuro ed infine soleggiato- che scandiscono i quattro atti di questa riuscita messa in scena. Una nota di merito tra gli attori, tutti bravi, per Renato Scarpa nella parte di Ivan Romanovic: veramente toccanti un paio di suoi monologhi.
luogo: Teatro Argentina di Roma
quando: dal 1° al 27 Ottobre, ore 21
info: ufficio promozione teatro di Roma: tel 06684000346 – fax 06684000360
biglietteria: tel 06684000345(ore 10-14; 15-19, lunedì riposo), prezzi: da 10 a 26 Euro
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