Siamo nel Ticino e siccome spesso e volentieri, qui, piove, accendiamo la televisione; la tv ticinese (quella, cioè, in lingua italiana) ha solo due canali: rtsi1 - radiotelevisione svizzera italiana 1 ed rtsi2 - radiotelevisione svizzera italiana 2. Se dovessi paragonarle a qualche canale di quelli italiani, le paragonerei ai canali a pagamento di sky: sulla tv svizzera italiana ci sono perlopiù film. Film di quelli godibili dal grande pubblico, quelli di massa, le commedie americane, i thriller. Non sono ponderati, nel palinsesto, film di critica sociale, film politici; c'è qualche film in bianco e nero, le "americanate", i film per ragazzi e il pomeriggio se n'è andato.
Attenzione, poi, ai telefilm: quelli ci sono tutti. Da "Il commissario Rex" a "CSI" i ticinesi non se ne risparmiano una, e così anche il tardo pomeriggio è trascorso. Finché, alle sette di sera, il telegiornale, ovviamente tutto svizzero; qualche minuto per i grandi avvenimenti nel mondo e subito ecco l'attenzione rivolta alle piccole beghe di quartiere (perché Lugano è un quartiere di Roma, si sappia): magari il Presidente della Confederazione ha tenuto una conferenza sulla conservazione delle case in stile ticinese sulla montagna del Bré al fine di preservare l'identità, oppure il partito dell'UDC ha promosso una nuova campagna pubblicitaria contro le "pecore nere" (chi sono poi le pecore nere?).
Gli argomenti, in linea di massima sono questi: non una manifestazione, non una protesta, non una riflessione - e non perché la tv minimizza le "rivolte popolari", bensì perché il Ticino è immobile; le persone sono tutte a senso unico, come le strade delle città in cui si muovono.
E la tv italiana? La tv italiana che con l’avvento delle reti private e una certa informazione di partito ha notevolmente abbassato il livello culturale a cui gli italiani sembra debbano uniformarsi, si difende assai bene rispetto ai cugini svizzeri: perché, se è vero che accanto ai vari "Beautiful" e "Amici" si affiancano programmi come "Porta a porta" (la suddetta informazione di partito) e "Lucignolo" - dove la cultura è nettamente di parte e orienta lo spettatore in direzioni ben precise, nemmeno troppo celate -, ci si può anche imbattere in programmi come "Ballarò" oppure "Anno zero" in cui si promuove il libero pensiero, il contraddittorio fra le parti, si forniscono informazioni dettagliate, puntuali, dove niente è lasciato in sospeso.
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Chi ha voglia di sorridere - il sorriso malinconico alla Pasolini, s'intende - può guardare "Blob" oppure, con le dovute differenze, "I Simpson" ma l'aria di una cultura viva che non si riesce a frenare, per quanto ci si provi, la si sente.
Ed il telegiornale non è da meno: da qualunque parte stia (proprio da qualunque, no) il telegiornale italiano ha un solo difetto: insiste eccessivamente sulla cronaca rosa che a tutti i costi vuole diventare un talk show. Ma va bene anche questo, purché se ne parli di ciò che accade nel mondo, purché si sappia che c'è un mondo fuori, diverso dal nostro, dove le cose accadono in contesti differenti e che non sempre è facile stabilire chi ha ragione e chi no.
E la lingua? Sembra ovvio rispondere alla domanda: si parla l'italiano perché è la lingua ufficiale - sia in Italia che in Ticino. Invece anche qui i ticinesi sono due vite avanti: in Italia, indipendentemente dalla regione in cui si guarda la televisione, si parla la lingua ufficiale. In Ticino, in tv, si parla il dialetto ticinese: non sono esonerati da questo n è presentatori né personaggi pubblici: passi il ragazzo fermato per strada per un'intervista ma che la grande attrice di teatro faccia un'intervista di due ore in prima serata sulla prima rete tutta in dialetto, beh, se non è provincialismo questo ben poche altre cose lo sono.
Perché il dialetto? Il cantone italiano è italiano, ci vivono una mescolanza tale di razze da far impallidire Roma ed il suo cosmopolitismo, e ci sono talmente tanti italiani che non si può far a meno di ricordare che il territorio svizzero fino a un paio di secoli fa faceva parte del Ducato di Milano e loro parlano in ticenese? E' come se - mutatis mutandis - al "Maurizio Costanzo Show", visto che le riprese sono girate al quartiere Parioli di Roma, si parlasse in romanesco oppure se Enrico Bertolino, il presentatore di "Glob - l'osceno del villaggio", parlasse in dialetto lombardo perché è nato a Milano.
Se è vero che taluni programmi italiani sono faziosi talvolta fino allo stremo, la salvaguardia dell'identità ticinese suona razzista ed obsoleta oltremodo in un mondo dove le telecomunicazioni accorciano le distanze tra i popoli e dove, in un click, si può essere dall'altro capo della terra rimanendo seduti alla propria scrivania.
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