DENARO PUBBLICO
SIAMO SICURI DI AVER CAPITO CHE E' NOSTRO?

Alla luce delle manovre economiche e degli anni di corruzione che hanno devastato il nostro Paese… qualche piccola riflessione.
di Daniela Mazzoli
Se si guardano bene le foto che ritraggono in questi giorni il ministro dell’Economia Padoa Schioppa, si capisce bene qual sia il sentimento che il cittadino o lettore di quotidiani o spettatore televisivo dovrebbe provare per l’uomo: un fastidio, un’antipatia istintiva, il senso di una personale vendetta che Tommaso opererebbe verso ciascuno, inclusi i milioni di persone che non conosce nemmeno. Le fotografie che lo immortalano, infatti, sono tutte in pose contratte, caricaturali, innaturali.

Saranno in molti a chiedersi: che male gli abbiamo fatto? Perché ce l’ha con noi? Forse perché è infelice, perché nessuno lo ama, perché non è attraente come D’Alema o intelligente come Casini… forse sarà per questo che si vendica coi ‘sudditi’ imponendo dazi e gabelle insopportabili.

Il Libro Verde presentato dal Ministro, infatti, arriva diretto ma forse anche un po’ distorto alle orecchie e sulle tavole e nelle tasche degli italiani. La sostanza del documento sarebbe questa: prima di abbassare le tasse riduciamo le spese. Doppia manganellata, cioè ‘non solo vi abbiamo fatto pagare di più ma ci stiamo organizzando per darvi di meno’. Ci sono gli sprechi, dice il Ministro.

Ce ne sono nelle amministrazioni, ce ne sono in tutti quei settori del servizio pubblico che spendono più di quel che serve e soprattutto non producono quanto dovrebbero. Lo spavento è grande. Perché è vero -e ciascuno lo ha mille volte sperimentato- che i difetti, i ritardi, le insolvenze dei pubblici servizi complicano la vita ai poveri contribuenti e invece di risolvere presto e bene le difficoltà e le necesità dei cittadini trasformano la loro vita in un inferno quotidiano.


Ma l’Italia è l’Italia e tutti noi sappiamo che ridurre le spese non vorrebbe affatto dire offrire migliori servizi eliminando gli sprechi ma far sussistere ad ogni costo lo spreco eliminando del tutto il servizio.

Quello di cui c’è bisogno, infatti, è una riforma Culturale e non economica. Si tende a credere sempre più, in questo mondo che mira molto al profitto e al capitale, al prodotto e al mercato, che l’economia sia un settore tecnico, concreto nel senso di ‘inumano’, asettico, e che la crescita economica di un Paese dipenda esclusivamente dal fatturato delle industrie e dalla quantità della produzione. Invece la ricchezza dello Stato dipende moltissimo dal grado di cultura e di civiltà del suo popolo e dei suoi governanti a tutti i livelli: dall’impiegato del piccolo comune ai signori ‘onorevoli’.

Lo dimostrano benissimo altri paesi della Comunità Europea che, con meno danaro di quello che noi spendiamo, riescono a garantire efficentissimi servizi al cittadino: dai testi scolastici gratuiti a un servizio sanitario che prevede l’assistenza domiciliare per le neomamme, dalla quotidiana pulizia delle strade all’Università per tutti a spese dello Stato. Cose che qui da noi sembrano un miraggio ovvero un racconto fiabesco in cui mancano solo fate e folletti.

Quel che danneggia l’Italia, ma non rivelo certo i segreti di Fatima, è un inesistente senso civico di appartenenza, è l’idea che i soldi versati con le tasse –per chi li versa- siano nostri, cioè proprio presi dalle nostre tasche, dalle giornate di lavoro, dal tempo sottratto alla famiglia e ai figli, e messi nelle mani di qualcuno pagato per amministrarli.

Costoro devono amministrarli per noi, sia chiaro, e non per altri loschi e inadeguati affari. Il fatto che le cose non funzionino come dovrebbero e che ci siano degli sprechi dovrebbe farci arrabbiare moltissimo. E l’altro fatto –che cioè per colpa di queste disfunzioni e di questi sprechi- saremo sempre noi a pagarla dovrebbe portarci davvero in piazza, sotto le finestre della politica.

Se paghiamo più tasse è perché qualcuno butta via o si appropria indebitamente di danaro pubblico: pubblico, cioè nostro, non di qualcun altro, non del vicino di casa. Nostro. La corruzione è il male più grave, e con le conseguenze più faticose per tutti. Un buon corso di educazione civica, formazione, aggiornamento, cura della psicologia e della personalità di chi amministra le risorse sarebbe un bel modo di iniziare la riforma economica del Paese. E poi insegnare a prendere il futuro un po’ più seriamente, per poterne godere umanamente gli esiti.


(10/09/2007)