Che cosa succede agli immigrati messicani appena vengono a contatto col grande sogno del remunerativo lavoro negli USA? Una mappa narrativa di cosa può voler dire lavorare in quell’America che conosciamo anche noi e, soprattutto, mettiamo sotto i denti.
A fine film si ha l’intenso desiderio di diventare vegetariani, magari vegani. Un colpo durissimo all’America dei consumi ed anche molto kitch. Come non potrebbe essere altrimenti se il produttore è la rossa icona punk di Malcolm McLaren. Certe scene sono sconsigliate a chiunque, soprattutto quelle nel mattatoio dell’azienda che produce la carne per gli hamburger dei tanti fast food, disseminati sul territorio a stelle e strisce. Sapendo che potrebbero approdare anche qui.
Oltre a questo, che documenta in modo raccapricciante quanto i diritti dei lavoratori, tutti immigrati, possano esser calpestati e divorati dalla macchina che consuma e stritola, letteralmente, nei suoi meccanismi chiunque le si avvicini, c’è dell’altro. Le relazioni umane non esistono, quelle poche che cercano di sfuggire alla corruzione di un mercato che non è solo un modo di pensare ma di non amare, sono in ogni caso partecipi del massacro, non possono che esserne macchiati e feriti anche loro. Un film senza via di scampo.
Fahrenheit 9/11 ha uno spirito diverso, più politico. Questo film coinvolge tutti in un mercato globale che non vuole dire solo fast food, ma prima di tutto velocità nei rapporti senza intensità, senza un vero contatto umano, come fossimo macchine.
Viene in mente Il pasto nudo o Rabid di Cronenberg, dove la macchina si anima, diventa carne, qui la carne è umana e la macchina diventa come la donna assetata di sangue che divora vacche come uomini, guidata da altri uomini. Questo l’unico tassello mancante a Cronenberg insieme all’elemento fantastico. Per quanto riguarda l’orrore, qui ce n’è a profusione.
E allora si pensa agli immigrati che vengono qui da noi, a come la situazione non sia poi tanto diversa per cinesi, cingalesi, africani in generale. Senza entrare nei dettagli, che il film documenta per quel che attiene la produzione degli hamburger per i fast food americani, non deve di certo essere diversa la produzione di certe magliette o borse, taroccate o non, qui in Italia.
Questa pellicola, tratta dall’omonimo best seller di Eric Schlosser del 2001, è possibile che non avrà molta fortuna, sebbene la partecipazione di star del calibro di Bruce Willis e Avril Lavigne aiutino. In ogni caso aiuterà chiunque andrà a vedere questo film a cambiare strada di fronte a certi luoghi veramente comuni, qui come in America, come nel mondo.
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