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TERRA, LABIRINTO, ENIGMA. UN PERCORSO NELL'ARTE
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Impariamo ad amare e rispettare la Terra, con tutti i suoi “frutti” e le opportunità che ci offre.
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di Paolo Marino
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Nell’opera “Demian”di Hermann Hesse l’autore scrive: "Già da piccolo ero stato incline a guardare le forme bizzarre della natura... abbandonandomi al loro fascino e al loro complicato linguaggio. Lunghe radici d'albero affioranti, vene colorate nella pietra, macchie d'olio natanti nell'acqua, crepe nel vetro, tutte queste cose esercitavano su di me una grande attrattiva, soprattutto l'acqua e il fuoco, il fumo, le nubi, la polvere..." ed io aggiungerei “la terra” verso la quale nutro un amore quasi viscerale e primigenio.
Per me la terra è la “Grande Madre” da cui ha inizio ogni cosa e che ci indica il cammino nell’intricato labirinto dell’esistenza. Penso che se noi seguissimo e rispettassimo i “segnali” e le indicazioni disseminati nella natura in ogni dove, il nostro percorso sarebbe meno difficile, meno problematico e, soprattutto, meno rovinoso.
La terra non è quella materia marroncina che noi calpestiamo con indifferenza ogni giorno, bensì racchiude infiniti tesori da riconoscere ed estrarre.
La terra vive, si nutre e comunica… e dal punto di vista artistico presenta un’infinita gamma di pigmenti colorati che, passando dal bianco al nero, assumono splendide sfumature comprendenti, oltre il giallo, il rosso, il marrone, anche il violetto, l’azzurro e il verde.
Come riporta l’amica Patrizia Gioia, valente scrittrice e poetessa milanese: “Queste terre colorate sono sentimenti, pensieri, legami… sono antiche gioie sepolte… sono sacrifici sacrificati in cambio di inesistenti sicurezze, sono ciò che l’umanità non riesce a contenere, perché l’umanità ancora non ha compreso il vero “religere”, cioè ciò che unisce tutti a tutto.”
Parole profonde, poetiche, ermetiche… in divenire, che però sintetizzano al meglio la condizione umana dei nostri giorni, il suo sgomento, il profondo malessere.
La terra, come dicevo, vive, si nutre e comunica… comunica mediante quei segni diffusi in ogni dove, di cui parla Demian, ed ai quali ne aggiungerei altri, ad esempio le geometriche rugosità delle cortecce, le variegature delle foglie, le mappe infinitesimali presenti sulle rocce, le sapienti sfumature di colore nelle crepe e sugli scogli… il tutto riconducibile ad un discorso frattale.
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Queste tracce sembrano originate dal “caos”, senza alcuna progettazione, ma in realtà sono quanto di più perfetto esista nell’universo e denotano la presenza di un artefice supremo che tutto ha creato. E così, ricercare il contatto diretto con la terra diventa anche un cammino iniziatico verso la ricerca dell’origine e dell’essenza della vita, di Dio.
Diventa un viaggio all’interno del proprio io alla ricerca di se stessi, come punto stabile per orientarsi nel mondo, nei labirinti e negli enigmi del mondo sensoriale e spirituale, nell’immanente e nel trascendente.
Noi tutti, infatti, conduciamo la nostra esistenza come all’interno di un labirinto, colmo di enigmi, scorgiamo spesso strade cieche e chiuse, ne cerchiamo altre e… forse non vedremo mai l’uscita. Ma possiamo ogni volta imparare qualcosa, abbattendo piano piano la paura delle molte, troppe strade sconosciute.
Lavorare manualmente la terra, ricercarla, ripulirla, polverizzarla, setacciarla, odorarla e infine plasmarla, rappresenta di certo per l’uomo una delle molte strade (a cui accenna anche H. Hesse) da seguire per cancellare la paura dell’ignoto e ritrovare l’uscita, la rigenerazione.
L’Arte costituisce un modo per raggiungere tale fine, ogni forma d’arte, dalla pittura alla scultura, alla musica, dal teatro alla danza, dalla poesia alla fotografia, al cinema… poiché l’arte non è solo espressività e creatività, ma comunicazione, sfogo, catarsi, terapia.
Il prodotto artistico è infatti il risultato di una “rete di sequenze causali” molteplici, costituita da “significati” e da “significanti”, intrecciati fra loro in modo tale da rappresentare esso stesso un “enigma”, un “mito”. Anche il mito è in un certo senso una metafora e un’immagine dell’inconscio, del sé, di Dio.
Mi congedo con questa piccola riflessione: “La terra, trasformata in opera d’arte, abbandona la sua materialità e, divenuta metafora, riemerge come simbolo.”
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(06/06/2007)
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