L'Elfo ospita il debutto alla regia di uno dei suoi attori più brillanti, Alessandro Genovesi con una commedia segnalata dal Premio Scenario 2005.
Una sorpresa per i Teatridithalia, una commedia buffa, articolata, figlia di un Pirandello gustoso e surreale, quello dei "Sei personaggi in cerca d'autore" ma anche una divertente cronaca della nostra era.
All'inizio doveva essere un romanzo che lentamente si è trasformato in copione, quasi cinematografico nella sua messa in scena, con gli ambienti costruiti su un palco esteso e il montaggio teatrale che si avvicina per sintassi a quello cinematografico.
Una commedia brillante senza essere ingenua, buffa e spudorata, ad alta temperatura comica e con un’irresistibile vocazione alla leggerezza.
Una storia d’amore, ma non solo. Un mosaico di rapporti e personaggi che incrociano i loro destini in una torrida Milano estiva, tra una coppia di adolescenti intenzionata a sposarsi, padri che si fanno le canne e madri nevrotiche, famiglie allargate e seconde nozze che moltiplicano i figli, giovani pianiste e pizzaioli, psicanalisti e massaggiatrici cinesi, cani che si innamorano e nonne con l’Alzheimer che cucinano da dio, grandi viltà e piccoli eroismi quotidiani.
Dieci attori in scena (oltre a Genovesi, Gabriele Calindri, Massimiliano Speziani, Debora Zuin, Linda Gennari, Corinna Agustoni, Roberta Rovelli, Manuela De Meo, Marta Iagatti e Jean-Christophe Potvin che, oltre a occuparsi degli ambienti sonori, si cala con divertita disinvoltura nel ruolo del cane Gianni).
Un bel gruppo. «La cosa più entusiasmante? Mettere insieme delle persone che sono al mondo nello stesso momento», dice Genovesi, «farle incontrare intorno a un progetto, coinvolgerle e appassionarle proteggendo il loro lavoro». Perché non c’è arte più collettiva del teatro, «lavorando all’Elfo ho imparato il piacere del gioco. Fare uno spettacolo non è necessariamente un supplizio. Anzi può essere divertimento puro».
Genovesi è al centro, ovvero Ezio Colanzi, al tempo stesso personaggio e autore pirandellianamente alle prese (ma senza esagerare) con le creature della sua fantasia, confuse, goffe e impaurite davanti all’imprevedibile banalità della vita.
La scrittura di Genovesi è fatta di ritmo. E non c’è da stupirsi, visto che prima di tutto è un attore e sa bene che l’incubo di chi fa il suo mestiere è un pubblico annoiato. Ama Cechov, ha visto molto Billy Wilder e parecchio Woody Allen, ma i suoi miti sono Totò ed Eduardo. Ha recitato Beckett, Shakespeare, Fassbinder, Bernhard.
Tutte esperienze e suggestioni che agiscono, anche solo come riverberi indiretti, in questa prima esperienza da drammaturgo e regista.
Happy Family è una confessione camuffata, un diario mascherato, una commedia che parla della paura di diventare grandi, di cambiare la nostra vita per qualcos’altro che non conosciamo. È un esorcismo scritto nella Milano d’estate. Quando non si muove una foglia e dal silenzio può uscir fuori quello che di solito sta muto. Tutti i desideri e tutte le paure. Di essere troppo, di non essere nessuno. Sorrisi, scontri e incontri esaltanti. Brutture e imperfezioni guardate con ironia. Difetti che diventano poesia. E così si scaccia per un po’ il terrore quotidiano di vivere a metà, di essere scontati.
Collaborano alla realizzazione dello spettacolo la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi (sono allieve della scuola le attrici Manuela De Meo e Marta Iagatti e l’assistente alla regia) e, per l’allestimento scenografico, Trediciottanta che presta gli arredi grazie a un’inedita formula di “merchandising”.
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