I confetti classici sono composti da un’anima, una mandorla intera spellata, ricoperta da diversi strati di zucchero, che gli dona il caratteristico colore bianco perlato. Essi mantengono la forma della mandorla e possono essere di diverse grandezza e peso, a secondo dell’anima utilizzata. La “zuccheratura” della mandorla, processo lento e laborioso, avviene dentro apposite macchine, chiamate bassine; queste sono caldaie in rame o acciaio che ruotano di continuo. La qualità del confetto è ottenuta utilizzando i migliori ingredienti, come la mandorla “Pizzuta di Avola” la più apprezzata per questo tipo di dolce.
L’origine di questo irresistibile piacere risale addirittura all’Antica Roma, nel 447 a.C., dove si usava festeggiare nascite e matrimoni con dolci di mandorle e miele. In latino si chiamavano “confectum” cioè “lavorato, finito”, insomma già dal nome si faceva riferimento all’operazione impegnativa per realizzare questo dolce. Il confetto, come lo conosciamo oggi, nasce a Sulmona nel 1492 circa in concomitanza alla diffusione dello zucchero. E proprio a Sulmona si sviluppa la ricerca e produzione dei confetti; al Monastero di Santa Chiara si dilettavano in lavorazioni artistiche, li legavano con fili di seta e creavano fiori, grappoli, spighe e rosari.
Dal 1500 in poi le famiglie nobili usavano terminare i grandi pranzi con i confetti perché erano simbolo di ricchezza e prestigio a causa del loro altissimo costo. Nel 1800 a carnevale era costume lanciarsi confetti per augurarsi fecondità e fecondità. Ancora oggi al termine del rito nuziale si usa tirare sugli sposi i confetti assieme al riso, per augurare prosperità e abbondanza.
I confetti sono regalati per festeggiare un evento, confezionati in sacchetti oppure offerti sfusi. Durante il pranzo di matrimonio la tradizione vuole che lo sposo porti un vassoio d’argento colmo di confetti che la sposa dovrà distribuire agli invitati tramite un cucchiaio d’argento, stando attenta che il numero sia dispari. Il numero pari, sempre secondo la tradizione, porterebbe sfortuna ai novelli sposi che sarebbero destinati a “rimanere senza parole”.
La composizione agrodolce gli dona un forte valore simbolico: le mandorle, frutti agrodolci, rappresentano la vita; la copertura in zucchero è la speranza di un’unione più dolce che amara.
Il numero da inserire nei sacchetti da donare varia. Uno, che potrebbe essere confezionato come il pistillo di una calla di tulle o il battaglio di una campana di juta, simboleggia l’unicità dell’evento; spesso viene lasciato sul tovagliolo come segna posto. Tre allude ai due sposi ed al loro primo figlio. Cinque, la soluzione maggiormente utilizzata, rappresentano le proprietà che dovrebbe avere il matrimonio: salute, fertilità, ricchezza, felicità e lunga vita.
Al giorno d’oggi ne esistono davvero di ogni tipo, non più solo alla mandorla ma ripieni con cioccolato, limoncello e liquori di vario genere, nocciole, canditi, gelatina, pistacchi, cannella, liquirizia, cereali, cocco, caffé, e tutto quello che la fantasia umana riesce ad abbinare ad un guscio di zucchero. Anche lo strato esterno ha subito mutazioni o esperimenti, come dir si voglia. Il rivestimento è diventato di cioccolato o stropicciato, colorato o decorato con le iniziali. Anche la forma varia a seconda del ripieno, rotondi, a cuore, a bastoncino, in Puglia sono nate le vere intrecciate, due confetti a forma di anello incastrate l’una dentro l’altra.
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