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"L'AFFARE LILANGA"...
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Dal 23 gennaio 2007 è in corso, per la prima volta a Roma, presso il Museo Hendrik C. Andersen, la mostra “George Lilanga di Nyama, opere scelte 1970 – 2005”, dedicata all’artista di origine makonde recentemente scomparso. Ma la mostra, più che per le opere, ha fatto parlare di se per le accuse che ha scatenato. Ripercorriamo le tappe.
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di Claudia Pecoraro
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Lilanga, considerato il massimo rappresentante dell’arte contemporanea africana, tanto da essere soprannominato il “Picasso d’Africa”, è vissuto sempre nella sua terra d’origine in Tanzania (1934 – 2005), ma la sua fama si è rapidamente diffusa negli altri continenti attraverso numerose esposizioni a partire dagli anni ’70 fino all’anno della sua morte.
Ispiratore di Keith Haring, per la sua arte sono stati fatti riferimenti ai graffitisti newyorkesi, ai fumetti, ai cartoons disneyani, a Dubuffet, e già da tempo ha catturato l’attenzione dei collezionisti di tutto il mondo (significativi sono in tal senso i risultati delle aste internazionali).
La mostra romana, organizzata dalla associazione no profit National Gallery di Firenze nelle persone dei collezionisti Marco Faccenda e Luca Parri, e realizzata grazie al Gruppo Triumph con il patrocinio del Ministero per i Beni e le attività culturali e l’Assessorato alle politiche culturali del Comune di Roma, presenta oltre 100 opere inedite, tutte provenienti da raccolte private, alcune delle quali di proprietà degli stessi curatori.
Non molto tempo fa, a sorpresa di tutti, sono “esplose” una serie di polemiche relative all’autenticità delle opere in mostra, che hanno dato l’avvio un vero e proprio “Affare Lilanga”. Nel presente articolo cercheremo di riassumere, con imparzialità e assoluto rigore di cronaca, i vari capitoli di quella che appare una faccenda delicata, ancora lontana dal trovare una conclusione.
L’intera vicenda è stata seguita passo passo dalla testata on line Exibart (www.exibart.com) che, in nome di una corretta informazione, ha avviato un’inchiesta in merito, dando ampio spazio di affermazione e replica a tutti i soggetti interessati, allegando di volta in volta i documenti legali relativi.
La causa scatenante dello scandalo è stata una e-mail, inviata a molte delle redazioni presenti sul web che avevano pubblicato una recensione sulla retrospettiva di Lilanga (tra cui Exibart e Terranauta), da parte di Eric Girard – Miclet, direttore del Centro culturale francese di Dar es Salaam in Tanzania fino al 2004, in cui si segnalava che le opere in mostra a Roma fino al 1° aprile sono quasi tutte false perché fatte dopo la morte dell'artista sopravvenuta nel 2005.
Nella mail mandata alle redazioni, Miclet afferma di aver lavorato con Lilanga personalmente – a differenza dei curatori della mostra in corso, che non l’avrebbero mai incontrato –, di essere stato organizzatore delle più importanti mostre dell’artista in Africa, in Francia e in Italia, e di aver pubblicato i suoi testi su Lilanga sui più noti cataloghi.
Miclet accusa quindi i due curatori Marco Faccenda e Luca Parri di aver lavorato d’accordo con i «banditi» dell’ambiente artistico e culturale di Dar es Salaam per ottenere dei falsi, al fine di trarne profitti considerevoli.
La cosa più ignobile – continua Miclet - è che questi signori si dichiarano gli unici abilitati a certificare l'autenticità delle opere dell'artista, ciò vuol dire, per esempio, che le opere in mio possesso, acquistate direttamente da Lilanga, sono false e che i falsi dei sopradetti sono veri.
Gli organizzatori della mostra del Museo Andersen non hanno perso tempo a replicare, affermando di essere in possesso di tutti i documenti che attestano la paternità di Lilanga delle opere in
mostra e avviando a loro volta un’inchiesta contro Miclet, a loro dire il reale truffatore della vicenda.
Inoltre, a mezzo di un comunicato stampa, la National Gallery di Firenze, presieduta da Marco Parri e Luca Faccenda, ha reso noto che l’attacco all’autenticità delle opere attualmente esposte è del tutto infondato in quanto Faccenda e Parri sono gli “unici” depositari dell’autenticità delle opere di George Lilanga in base al rogito notarile, redatto in swahili e inglese, sottoscritto il 10 giugno 2005 in Tanzania da George Lilanga di Nyama a dal figlio Koster nel pieno possesso delle loro facoltà.
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Tale rogito, insieme alla sua registrazione in Italia il 27 febbraio 2006, a quella presso l’ambasciata italiana a Dar Es Salaam il 12 dicembre 2005, e ad un accordo in tal senso che Lilanga aveva già sottoscritto con Faccenda e Parri il 7 maggio 2005, sono stati resi pubblici sul sito di Exibart (Quelle sculture sono tutte autentiche), per altro accusato di calunnia e diffamazione nei confronti degli organizzatori della mostra.
Secondo tali documenti, dunque, ogni opera di George Lilanga che compaia in Europa o Asia che non sia corredata dalla foto dell’autore ritratto in presenza dell’opera stessa o che non possieda certificato di autenticità fornito dagli esperti della National Gallery di Firenze può non essere autentica.
Un’altra problematica, che certo non aiuta a fare luce su quella dell’autenticità delle opere, riguarda inoltre il catalogo che accompagna la mostra. Secondo quanto afferma Miclet nella sua lettera: l'unica attestazione ufficiale che autorizza la pubblicazione di un catalogo ragionato delle sue opere è stata redatta da Lilanga in favore di Sarenco (pseudonimo di Isaia Mabellini, uno dei massimi specialisti di arte africana, n.d.a.) prima della morte dell'artista.
Miclet sottolinea quindi che gli organizzatori, nel catalogo della mostra (National Gallery Firenze Editore), sospettosamente, omettono di citare le numerose mostre e i numerosi cataloghi consacrati a Lilanga da Sarenco, Enrico Mascelloni e da Miclet stesso, tra cui figurerebbe la più grande monografia su Lilanga pensata insieme all’artista quando era ancora in vita (prima di una collana di Skira, intitolata “African Collection”, uscito nel 2006).
Exibart, nella prosecuzione della sua indagine, ha incontrato, per dovere di completezza, gli ultimi due personaggi chiamati in causa, Sarenco e Mascelloni: il primo, “pioniere” che ha fatto conoscere Lilanga in Italia, suo agente internazionale per 15 anni e organizzatore delle sue più importanti mostre (Europa, Kenya, Shanghai...) e il secondo, critico d’arte, con cui Sarenco ha quasi sempre lavorato in coppia.
Sarenco si dice certo che il 90% delle opere esposte alla mostra romana sono false e accusa le istituzioni come la Galleria Nazionale d’Arte moderna (di cui il Museo Andersen è una costola) e quindi il Ministero per i Beni e le Attività Culturali di non aver compiuto le necessarie verifiche sulla mostra, ma anzi di averne offerto il patrocinio.
Sarenco afferma inoltre di essere l’unico affidatario da parte della famiglia di Lilanga della gestione internazionale dell’opera dell’artista, attraverso la fondazione Sarenco che ha incluso la fondazione Lilanga.
Mascelloni e Sarenco non risparmiano poi insinuazioni gravissime contro Faccenda e Parri, accusati di collaborare con un belga, Yves Goscinny, autore di un mercato falsario contro il quale lo stesso Lilanga intentò un processo uscendone vincitore.
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Certi del fiorente commercio di opere false di Lilanga, i due critici affermano che le collezioni citate in catalogo per la maggior parte non esistono o fanno riferimento, in un caso, alla loro stessa società con sede a Montecarlo e che la mostra al Museo Andersen ha lo scopo di tranquillizzare gli acquirenti in subbuglio dopo le denunce fatte [...] nonché di accreditare un'altra quantità di patacche.
Riguardo ai documenti che conferirebbero a Luca Faccenda e Marco Parri l’autorità esclusiva a conferire autenticità alle opere di Lilanga, Sarenco accusa i due di avere in mano un documento estorto da questo belga a Lilanga quando questi era in coma, documento che il figlio di Lilanga, davanti all’ambasciatore italiano, ha sconfessato.
D’altro canto, a questa gravissima accusa, l’Ufficio stampa della National Gallery di Firenze ha ribattuto che nessun notaio avrebbe autenticato un atto sottoscritto da una persona non in grado di intendere e di volere.
Ad oggi, i curatori della retrospettiva di Lilanga in corso al Museo Andersen, hanno dichiarato che le affermazioni dei signori Sarenco e Mascelloni – con cui sono in contenzioso – sono assolutamente false e destituite di fondamento, ma non hanno voluto rilasciare un’intervista alla redazione di Exibart, che aveva offerto di pubblicare immediatamente a risposta della precedente.
Con questo articolo abbiamo inteso soltanto riportare fedelmente e tentare di fare chiarezza sui fatti di questa vicenda assai complessa, senza esprimere opinioni a riguardo, almeno fino a quando non saranno le autorità competenti a pronunciarsi. Nel frattempo, nella volontà di offrire un servizio d’informazione ai nostri lettori, ci riserviamo di seguire le prossime vicissitudini del caso.
ULTIMI AGGIORNAMENTI SU EXIBART: la lettera del figlio di Lilanga
George Lilanga di Nyama opere scelte1970 - 2005
23 gennaio - 1 aprile 2007
Museo Hendrik C. Andersen
Roma, Via P.S. Mancini 20
Ingresso libero
Orario: da martedì a domenica, 9.00 – 19.30
Tel / fax: 06.3219089, 06.32298302
E-mail: comunicazione.gnam@arti.beniculturali.it ; edimajo@arti.beniculturali.it
Ufficio stampa National Gallery di Firenze: Lucilla Quaglia, 338.7679338 lucilla.quaglia@alice.it
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(21/03/2007)
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