I NUOVI CONTADINI SFIDANO NATURA E TECNOLOGIA
Una nuova agricoltura sta fiorendo. Cosa spinge i giovani ad abbandonare la città per tornare alla terra? Andiamo alla scoperta della nuova figura del contadino fra il trattore e internet.
di Silvia Malavasi
E’ ormai passato il tempo del contadino nerboruto, dal viso spaccato dal sole e un po’ fuori dal mondo che ricordano i nostri nonni. Ed è anche passato il tempo della grande fuga dalle campagne che ha lasciato in un disastroso stato di abbandono una buona parte del territorio italiano. Le nuove politiche comunitarie, attraverso un sistema di incentivi discretamente sostanzioso, stanno richiamando nell’agricoltura una nuova classe imprenditoriale attenta al rapporto guadagno/qualità della vita; le cifre parlano di 35.000 nuove aziende agricole nate nel 2003 e di un incremento del 50% dei laureati in agraria negli ultimi due anni (fonte: La Repubblica, 4 Marzo 2004). Con questa manovra la comunità europea cerca di incrementare il numero delle persone che, gestendo un territorio e abitandolo, svolgano il compito di “custodi” del luogo, in modo da evitarne il degrado e di pilotarne lo sviluppo secondo le direttive comunitarie e, nel frattempo, di creare occupazione attraverso il lavoro autonomo.

Come, però, anche le associazioni di categoria affermano (Associazione Nazionale Giovani Agricoltori, Associazione giovani imprenditori agricoli, Agricoltura Nuova), sotto l’aspetto economico l’imprenditoria agricola offre ancora poche certezze, sia per motivi strutturali, sia per la poca chiarezza di alcune normative, sia perché i fondi sono disponibili sulla carta, ma la realtà presenta, a volte, spiacevoli sorprese. Il mercato, inoltre, tende a schiacciare i piccoli imprenditori sotto l’ingombrante presenza dei grandi gruppi, spesso multinazionali. Il fallimento dell’era delle cooperative sociali, che raccoglievano tutto il prodotto di una determinata zona e lo rivendevano in blocco agendo come un grande gruppo, ha costretto il nuovo contadino a dover aprire un mercato per conto suo, producendo un prodotto di nicchia e vendendolo, il più delle volte, direttamente al dettaglio. Fortunatamente, la richiesta di prodotti di qualità in campo alimentare sta crescendo ed è sempre di più la gente che, diffidando dei grandi gruppi e delle loro garanzie, si orienta sulla ricerca del proprio “contadino di fiducia”.

Non è quindi il guadagno facile che cercano i giovani agricoltori, ma le molteplici opportunità offerte dalla vita di campagna in termini di benessere psico-fisico e qualità della vita rispetto ai pressanti ritmi cittadini. Intervistando i nuovi contadini, se nessuno nega di avere avuto delle difficoltà (“bisogna andare avanti a scatolette per i primi anni” sono state le testuali parole di un amico giovane agricoltore), quando si tocca l’argomento soddisfazione personale cade ogni remora. Vedere crescere le piante che hai coltivato, vedere il grano ingiallire, vedere gli alberi dare i loro frutti è un’esperienza che, sembra, riempia davvero la vita. E’ quindi un certo amore per la terra, una predisposizione per la contemplazione della natura, la capacità di trovare la propria armonia e realizzazione nel vedere “le cose che crescono”, la molla che ha fatto fare questo grande passo a molti “under 40”.


E’ allora interessante chiedersi che impostazione avrà la nuova agricoltura, come sarà il contadino-tipo, quali saranno gli strumenti che gli agricoltori useranno non solo per coltivare, ma anche per risolvere i problemi che la dura vita di campagna comporta. La risposta è una sola: tecnologia. Nel mondo della globalizzazione e di internet il contadino è colto, apre siti, scrive diari virtuali, si interessa di ingegneria e ricerca nuove macchine per automatizzare il più possibile una produzione già al risparmio, è attento alle nuove varietà di alberi e agli sviluppi della ricerca sul biologico. E’ una figura competente, che accetta la sfida del duro lavoro della terra ma che combatte con intelligenza, sempre attento a ciò che succede all’interno e all’esterno del suo settore.

Un esempio molto significativo di come un contadino di nuova generazione unisca l’amore per la tecnologia e cura per la natura è il sito www.vogliaditerra.com, un fitto e ricco blog pieno di esperienze e riflessioni sulla vita di campagna. Ho contattato “Ste”, l’autore del sito. La sua storia (un po’ in anticipo rispetto all’odierno flusso i giovani agricoltori), la sua estrazione, le sue scelte, sono paradigmatiche di questo nuovo modo di vedere l’agricoltura.

D: Raccontaci la tua storia. Cosa facevi prima di dedicarti all'agricoltura?

R: Dopo il liceo, non riuscendo a decidermi per un percorso di studio (mi interessava un po’ tutto) ho passato un anno in montagna sulle Alpi a pascolare e governare (d'inverno, a 1600m) le bestie. Dopo, ho lavorato quattro anni in una cooperativa di falegnami, si restaurava mobili e facevamo su ordinazione mobili nuovi in legno massello.

D: Qual'è l'ambiente dal quale provieni?

R: Era un ambiente pieno di libri e quadri! Mia madre lavorava in proprio facendo PR per case editrici. Sono cresciuto in periferia di Zurigo. Vedevo uno degli ultimi tre contadini lavorare dalla mia finestra. Fieno d'estate, legno d'inverno. Vitelli a pascolo.

D: Quando ha scelto questa vita?

R: Volevo farlo subito quando ho scoperto il lavoro sulle Alpi. In vacanza ho vista la terra, gli ulivi e le case abbandonate qui in Toscana ed è nato lì il desiderio. Ma non era possibile per motivi economici. Dopo quattro anni ho preso un anno di vacanza e sono ora diventate 17 .

D: Perchè lo hai fatto?

R: Volevo fare qualcosa di concreto, e di sensato. M'attirava la terra, le piante, gli ulivi specialmente, non sopportavo (e non sopporto ancora) vederli incolti, mi pare una bestemmia.

D: Parlami delle peculiarità della vita del contadino e del contrasto con la vita di città.

R: Beh, c'è la terra dappertutto, dallo stato di fango a quello di polvere. I miei amici che non hanno la terra mettono in conto che devono andare a fare la spesa prima di cucinare e si fanno una idea per il menù, invece qui il menù lo decide l'orto, e proprio inverso. Con il fatto di dovere mungere tutte le mattine salta la distinzione tra tempo libero e tempo lavorativo, tra fine settimana e settimana. Vacanze alterne di due settimane solo per un contadino alla volta, d'estate. Uscire è difficile, tipo concerti, cinema: sono lontani. Altra differenza notevole: passo spesso delle giornate intere senza incontrare nessuno, familiari esclusi... solo con la natura.

D: Molti giovani stanno tornando alle campagne. Sono solo gli incentivi europei o stanno semplicemente rispondendo ad un bisogno, ad una necessità?

R: Ma che ne so, avranno mille motivi diversi; la terra tira, sì, e il lavoro c'è, manca il guadagno purtroppo. Per via dei "40 milioni ai giovani agricoltori" tanti sono tornati alla terra, solo sulla carta però, iscritti come imprenditori agricoli per motivi di....

D: Quali sono i tuoi progetti?

R: Vorrei mantenere e migliorare questa specie di luogo agricolo aperto dove possono venire a vivere e lavoricchiare e imparare delle persone interessate; lo è sempre stato, anche per me. Ci siamo iscritti alla WWOOF, tra l'altro per questo motivo. Vorrei anche avere il tempo e soprattutto l'energia per ritornare all'agricoltura biodinamica.



Il WWOOF (http://www.wwoof.org/, http://www.wwoof.it/) è un’associazione che organizza vacanze di lavoro presso aziende agricole biologiche per promuovere lo stile di vita naturale dell’agricoltore. Il proprietario dell’azienda offre cibo e alloggio agli ospiti che, in cambio, lavoreranno la terra imparando la coltivazione biologica ed i ritmi della natura. Questo tipo di associazioni sta cominciando a diffondersi, si stanno creando comunità, virtuali e non, di amanti della natura pronti a mettersi in gioco in prima persona, pronti a confrontarsi con la terra.

Sembra proprio che le nuove frontiere dell’agricoltura stiano insegnando proprio questo: che chiunque si dichiari amante della terra deve ritrovare un contatto più diretto con la terra, e cercare di prendersene cura in pratica. Molte volte si parla di natura riferendosi ad un ambiente ideale, una specie di paradiso terrestre dove uomini ed animali vivono in pace ed abbondanza. Ma “natura” non è questo. “Natura” è lotta, è fatica, è lavoro, poiché la terra, da sola, non regala niente e l’agricoltore che deve fare i conti anche col mercato lo sa bene. L’equilibrio che il coltivatore cerca di raggiungere con la sua terra, un equilibrio basato sul rispetto ma anche sulla gestione del proprio potere di modificare il territorio, è l’unico equilibrio effettivamente sostenibile a cui possiamo aspirare, poiché non si basa sul sacrificio di una delle due parti, ma sulla cooperazione per il bene comune.



(08/09/2004)