L’assoluto naturale è opera chiave nell’universo letterario e teatrale di un autore ancora in parte da svelare, come Parise. Scritto sulle suggestioni della crisi affettiva e della separazione con Maria Costanza Speroni nel 1963, L'assoluto naturale, pensato per il teatro e incentrato sull'analisi del rapporto di coppia, andò in scena per la prima volta al Teatro Metastasio di Prato nel 1968, per la regia di Franco Enriquez (interpreti Valeria Moricone e Renzo Montagnani).
Parise affronta la vicenda autobiografica con un approccio scientifico, un occhio da scienziato che si stupisce di fronte al ‘misterico raziocinante’, di fronte ai turbamenti dell’esistenza, e vi partecipa accettando che è proprio tale ‘misterico’ a rendere ragionevole la vita. Il conflitto tra ragione e sentimento, spinta fondante del mondo, è sintetizzato qui dal rapporto uomo-donna attraverso una visione lucidissima, mai solo intimistica, aperta, stilisticamente serrata come cronaca di guerra.
La messa in scena di Parenti e Chiarelli pone dal principio la priorità e l’importanza del rapportarsi con una scrittura italiana importante e poco classificabile, che rifugge i generi ma pulsa di vita ed esperienza. Così, di fronte a questo testo di valore rarissimo, che Parise stesso definiva di difficile rappresentabilità, una coppia di attori che è anche coppia nella vita si pone come in un terreno di esperimento, fra la scena e la vita, in un confronto costantemente aperto.
Un esperimento sul mistero
L’assoluto naturale è un esperimento sul Mistero, un vetrino di microscopio su cui viene posta una lacrima, che, se osservata attentamente, smette di essere solo una goccia di acqua e sale ma diventa il racconto della lotta tra Desiderio e Ragione, tra chi ci fa desiderare qualcuno o qualcosa e chi ci spiega perché desideriamo. Naturalmente i contendenti in cui si incarnano tali energie non possono essere che loro, l’Uomo e la Donna, unici protagonisti del mistero più arcaico, il mistero che dà la vita e la rende impossibile: l’amore.
Il testo spietatamente passa in rassegna tutte le fasi del rapporto: la seduzione, l’unione, la crisi (generata nella donna dall’ impossibilità di essere l’unica proprietaria dei pensieri e dei sentimenti dell’ uomo), la comparsa dell’altro (Neanderthal, uomo semplice, animalesco, quindi bisognoso di padrone/a), la morte del protagonista, ormai ridotto a scarto del processo industriale di eliminazione del maschio – individuo.
Il tutto scritto con un’ironia sulfurea, senza nessun compiacimento sentimentale, in una forma che ha come genitori Leopardi e il corrosivo pessimismo delle Operette morali, e Platone con i suoi dialoghi sull’origine del mondo e sulla sua conoscibilità. E se Parise ha il primo accanto quando genera il libro come racconto di un suo personale dolore, è al secondo che si affida per produrre quella straordinaria leggerezza che rende quest’opera così unica, ricca di segni limpidi, precisi e taglienti, che la fanno oscillare tra il cinema espressionista e una lezione di etologia raccontata a bambini (maschi, naturalmente) che non vogliono andare a dormire.
Note di regia
Perché mettere in scena questo testo e, più in generale, Parise? Intanto perché è l’unico modo per poterlo non dico capire, ma intravedere. Un argomento così tanto usato e abusato (la donna istinto e l’uomo – ragione, si va dalla filosofia greca a Elio e le Storie Tese) permette una continua trasformazione da testo teatrale di squisita ironia ad apologo scientifico filosofico e, infine, in seduta analitica, va affrontato con la stessa necessità dell’autore, di chi vive e conosce nella propria carne il bisogno e il terrore dell’Altro, colui che ti completa e ti cambia, cioè ti uccide.
E questo, oltre ad appartenermi da quando ho memoria di me, appartiene all’idea stessa di teatro, luogo per antonomasia preposto alla rappresentazione del conflitto come salvezza al conflitto stesso. Poi perché la scrittura di Parise è straordinariamente bella, lieve e grave al tempo stesso, ma mai plumbea o immobile, scientifica ma visionaria; come scrive Andrea Zanzotto nella bellissima prefazione del Meridiano “è di particolare importanza quel formicolare di intuizioni che vengono (…) da un approfondimento della conoscenza scientifica in quanto rapportabile al fare letterario (….) ma non viene mai meno quella sua capacità di trasfigurare ogni dato in scattante movimento dell’ immaginario”.
E il farlo con Carla Chiarelli, straordinaria attrice, attenta alle ragioni e alle difficoltà della scrittura, ma anche moglie (mia) nella vita, mi dà ancora più forza e lucidità, la stessa che si ha compiendo difficili esercizi di equilibrismo senza rete, con solo uno specchio come protezione.
(F. Parenti)
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ORARIO SPETTACOLI
CRT Teatro dell’Arte:
martedì-sabato ore 20.45; domenica 16.00; lunedì riposo
CRT Salone:
martedì-sabato ore 21.00; domenica 16.00; lunedì riposo
PREZZI:
CRT Teatro dell’Arte:
Intero € 18,00
Ridotto Giovani/Convenzionati € 12,00
Ridotto Anziani € 9,00
Biglietto operatore € 3,00 (con accredito presso l’ Ufficio Promozione o Stampa)
*TRY Abbondanza/Bertoni: Biglietto posto unico € 15
CRT Salone:
Intero € 12,00
Ridotto Giovani/Convenzionati € 8,00
Ridotto Anziani € 6,00
Biglietto operatore € 3,00 (con accredito presso l’ Ufficio Promozione o Stampa)
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4 spettacoli € 35,00
3 spettacoli € 25,00
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