Se seguiamo i dibattiti in corso riguardo alle energie rinnovabili, e nella fattispecie sull’energia solare fotovoltaica, spesso oggi sentiamo parlare di carenza del silicio, di crisi dell’approvvigionamento dell’”oro grigio”, di impossibilità di sviluppo del mercato a causa della bassa disponibilità e dell’alto costo di questa materia prima.
Cerchiamo di spiegare brevemente di cosa realmente si tratti in tali questioni, provando a far luce su quei punti chiave del ciclo produttivo del silicio che generalmente sono meno conosciuti.
Oltre il 95% dei pannelli solari per la produzione di elettricità, ossia appunto i pannelli fotovoltaici, sono realizzati utilizzando il silicio come costituente principale, nelle sue diverse forme.
Il silicio di per sé è il secondo elemento chimico più diffuso sulla faccia della Terra, ma ovviamente non può venire utilizzato tal quale negli impieghi industriali. Il materiale con la più alta concentrazione di silicio è la sabbia, e proprio dalla sabbia dovremo allora partire per ottenere il prodotto che permette la fabbricazione dei pannelli. Dopo che la sabbia è stata selezionata in maniera tale da garantire un certo grado di purezza (si utilizza la quarzite, una sabbia particolare molto pura appunto), questa viene introdotta con del carbone in degli appositi forni che lavorano a temperature altissime, di circa 2000 gradi, e dopo opportuni tempi di “cottura” quello che si ottiene è il cosiddetto silicio metallurgico.
Questo materiale presenta un’alta percentuale di impurità e va dunque raffinato se lo si vuole utilizzare per produrre componenti di qualità. In certe applicazioni può comunque venire impiegato, ad esempio per la produzione dell’acciaio e del silicone, visto il basso costo che presenta, di circa 1-2€ al kg.
Il processo più problematico è quello che inizia a questo punto, che riguarda quindi la raffinazione del silicio metallurgico per ottenere silicio di grado solare, o silicio feedstock, che costituisce la totalità della materia prima per la realizzazione di componenti elettronici e nella fattispecie anche di sistemi fotovoltaici.
Il procedimento per ottenere il silicio feedstock è molto complicato ma grossolanamente si può dire che è un processo di tipo chimico e termico, e solo poche sono le compagnie al mondo che posseggono le attrezzature per realizzarlo (i maggiori si possono contare sulle dita di una mano, ricordiamo Wacker, Hemlock HSC, Shin-Etsu, Mitsubishi, Tokuyama). Questo è il motivo principale per cui in questo passaggio si viene a costituire un vero e proprio “collo di bottiglia” nella catena di produzione e si verifica una carenza dell’offerta e delle scorte con conseguente aumento dei prezzi (che in certi casi può portare a veri e propri meccanismi di speculazione), che in alcuni casi possono superare i 100$ al kg.
Ulteriori procedimenti sono poi necessari per arrivare alla produzione dei componenti elettronici o dei sistemi fotovoltaici, ma il grosso delle difficoltà è proprio qui, ed è qui il nodo da sciogliere per garantire una diffusione adeguata di una tecnologia, la fotovoltaica, che rappresenta una delle alternative più interessanti al petrolio e una soluzione tra le più appetibili per lo sviluppo futuro delle energie rinnovabili.
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È vero infatti che allo stato attuale l’energia solare fotovoltaica copre poco meno dell’un percento della domanda globale di energia (dati Observ’ER), ma l’attenzione internazionale a questa tecnologia è in continua crescita e lo confermano i dati del mercato (che cresce con tassi medi annuali di crescita di oltre il 35%, come ci conferma un’indagine dell’EPIA, l’Associazione Europea delle Industrie Fotovoltaiche).
Dal valore della potenza complessiva mondiale installata nel 2000 di 1.200 MW a quello significativo del 2005 di oltre 5000 MW c’è infatti un fattore di moltiplicazione per quattro, e si attende un ulteriore aumento delle installazioni grazie ai nuovi programmi statali di incentivazione. Stiamo insomma assistendo ad una svolta importante di un settore energetico che torna a riaffacciarsi sulla scena dopo diversi anni di stasi; è fondamentale in questa nuova fase di fermento che non manchi il supporto dei governi alle industrie ed alla ricerca, per permettere alle prossime generazioni di sfruttare delle risorse in maniera davvero “sostenibile”.
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