“Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo…”
Dino Buzzati
Camminare ancora, un’altra volta, nel parco. Nell’aria ghiacciata di un magnifico giorno di dicembre. C’è qualcosa di polare nel sole che sfila così basso all’orizzonte; nella sua parabola non riesce mai a superare le cime degli alberi, come fosse un atleta esausto che stecca il salto, sbaglia rincorsa e non riesce a staccarsi da terra. Tutto così immobile e statico: alberi come statue d’acciaio. Perché di inverno non piacciono?
Forse perché sembrano morti e fanno un po’ paura, o forse perchè il ricordo primaverile del canto gentile delle loro fronde scosse dal vento è talmente allegro e commovente da nascondere ai nostri occhi e al nostro cuore il fascino e la canzone degli alberi in inverno. E io per ascoltarli, in questa diaccia giornata, devo avvicinarmi, passare la mano sul tronco, concentrarmi, per sentire la loro flebile voce, il loro mormorio metallico e insonnolito.
C’è tensione nei rami, come avessero perso la flessibilità, come se il legno fosse sublimato in ghiaccio… Vivi, vivissimi ma come in apnea, in estasi meditativa, quasi minacciosi, come serpenti immobili prima dell’attacco. Un attacco che in primavera sarà rivolto alla terra e all’aria: violentemente, un bel giorno di marzo inizieranno freneticamente a risucchiare, assorbire e pompare acqua e gas con le loro radici e con le loro foglie.
E mentre cammino, assorbito da questi pensieri, respirando la natura, l’occhio mi cade su un arbusto ornato da bellissimi grappoli di bacche viola: una callicarpa. I suoi frutti splendono e luccicano nel sole chiaro che filtra tra i rami, ora ondeggiano allegri nel lieve vento invernale.
Che incontro felice! E penso: vedi? Anche in inverno, nel cuore grigio di Milano, la Natura c’è, forte e viva! Ti avevano detto di no, ma era solo una bugia: per infrangere i sogni e per strapparci via le favole, perché la Città è scheletro di ferro e cemento e non deve esserci posto per il sogno, per la pausa e per il miraggio. E ancora riecheggia: “Nature is a language. Can’t you read?” E allora prego di aver per tutta la vita la fortuna e la forza di rispondere: sì, posso.
Mi avvicino alla callicarpa. Purtroppo devo ammettere che questa pianta d’estate non mi piace, mi sta proprio antipatica nella sua ordinarietà. Ma è talmente bella e unica in inverno che deve, e sottolineo deve, essere utilizzata. Starà all’abilità del progettista, o quel che l’è, trovarle una posizione adeguata in giardino per cui possa essere elemento di spicco in inverno e mimetizzata in estate. Una bella sfida, non c’è che dire. Poi chiaro, se la callicarpa vi piace anche d’estate, no problem, potrete piazzarla dove diavolo vi pare. Inoltre, a mio parere, non deve essere usata singolarmente ma a gruppi di almeno tre esemplari.
A questo genere appartengono più di 100 specie, la maggior parte delle quali tropicali. Ma ne esistono comunque molte perfettamente resistenti al freddo. I cataloghi dei vivaisti italiani purtroppo, solitamente, ne annoverano una specie sola (abituale penuria). La specie che si trova in Italia è la C. bodinieri. Costei è un alberello che raggiunge i tre metri di altezza e arriva direttamente dalla lontana Cina.
Il linneiano nome Callicarpa deriva dal greco. Unisce due parole: kalòs e karpòs. E mai nome fu più indovinato, infatti queste due parole significano rispettivamente, bello e frutto. E allora viva Linneo! che quando era vecchio e un po’ giù di memoria amava ripetere sei volte al giorno ai nipoti: “callicarpa, in estate buona per fabbricarci scope, mentre in inverno sublime dea del giardino”. Lo so che può sembrare incredibile, ma questa è Storia… ehm a voler essere proprio precisi (direi quasi pignoli) è soltanto una storia: inventata.
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