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LA TRADIZIONE DEL SANGUINOSO PALIO DI SIENA
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L’ennesimo palio di Siena e l’ennesima morte inutile, tragica, dimenticata in una manciata di giorni. Il prossimo anno i mandanti dell’omicidio, mal celati dietro una barriera di legno dietro la quale si sentono innocenti solo perché non è la loro mano a compiere il delitto, si riuniranno di nuovo ad assistere alla corsa. E come quest’anno e gli anni passati, i prossimi spettatori non mancheranno di impressionarsi di fronte alla caduta rovinosa di un cavallo... Tutto in nome della tradizione. Ma la tradizione era ben diversa.
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di Rachele Malavasi
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La storia del Palio di Siena è abbastanza complessa e le sue radici sono molto antiche.
Le origini del Palio di Piazza del Campo risalgono al 1499, quando le Contrade parteciparono per la prima volta alla “Caccia ai tori”, una competizione in cui i tori venivano fatti correre nella piazza alla maniera delle Encierro spagnole. Le “Cacciate” risalgono addirittura all’inizio del 1100, quando i corridori più esperti si recavano a Venezia, mentre a Siena correvano popolani dilettanti e amanti del rischio.
Ogni corsa era preceduta da parate di sbandieratori e stendardi, e da una sfilata di carri allegorici il cui allestimento impiegava la maggior parte del tempo dedicato alla manifestazione.
L’ultima "Cacciata" risale al 1597, quando la manifestazione venne sostituita dalle corse con le bufale, le "Bufalate". Gli animali venivano montati da un fantino che li guidava tramite una corda collegata ad un anello applicato al naso della bufala. La gara era lenta e scomposta e la vittoria non si basava sulla velocità degli animali, quanto sull’abilità dei fantini di far deviare gli avversari. D’altronde, la corsa era negata dalla stessa forma della piazza, tondeggiante (non per niente oggi si parla di Palio “alla tonda”) ed inclinata.
Contemporaneamente (tra il 1300 ed il 1800), lungo le strade principali di Siena, larghe e lineari, si sviluppa un Palio con i cavalli, denominato “alla lunga”.
La partecipazione delle Contrade al Palio alla lunga a partire dal 1581, fa perdere consensi alle Bufalate, fino alla loro completa abolizione e spostamento del Palio alla lunga in Piazza del Campo, dove prende il nome di Palio alla tonda. Dal 1650 ogni 2 luglio e 16 agosto dell’anno i cavalli corrono in Piazza del Campo. Inizialmente si trattava di cavalli da tiro, tozzi e dalle gambe forti, poi il business vuole che i cavalli diventino sempre più veloci, fino ad arrivare agli attuali purosangue snelli e dalle gambe sottili, decisamente inadatti per correre a tutta velocità in una piazza nata per tori o bufale.
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Ora ci chiediamo: dov’è la tradizione? Molti infatti sostengono che il Palio va mantenuto così com’è per preservare la sua antica tradizione, ma abbiamo appena visto che quello che il Palio è oggi non ha niente a che vedere con quello che era un tempo.
Come si può sostenere che sia giusto mantenere una corsa che ha provocato più di 48 cavalli morti dal 1970 ad oggi (fonte LAV)? Cosa spinge i contradaioli di Tartuca a festeggiare la vittoria mentre la carcassa di Amoroso, baio di 8 anni della contrada del Bruco, giace a terra calpestata sotto gli occhi di tutti?
E non solo Amoroso è morto, ma la corsa del 16 agosto 2004 è tutta costellata di incidenti: al primo giro, alla curva del Casato cadono i cavalli del Montone, Leocorno e Nicchio. Al secondo giro, alla curva di San Martino cadono il cavallo dell'Aquila e quello del Bruco, Amoroso appunto, che muore sul colpo con il collo spezzato. Ma il Palio non si può sospendere perché i cavalli sono lanciati a velocità folle e fermarli vorrebbe dire provocare un incidente più grosso di quello che è già avvenuto.
Movimento Una ed Animalisti italiani presenteranno denuncia per maltrattamenti agli animali, mentre la magistratura senese ha aperto un’inchiesta sulla morte di Amoroso. Giuste misure, ma questo è solo l’ennesimo provvedimento post-palio, un rituale che si ripete ogni anno, come non ha mancato di sottolineare il cronista della Rai in fare giustificatorio. Insomma, la morte dei cavalli fa parte del Palio di Siena così come il Palio stesso fa parte della tradizione, quindi chiudiamo gli occhi e godiamoci la festa.
E come non si può dar retta a chi sostiene il Palio per tradizione, così non è possibile dare ascolto a chi sostiene che il Palio è una corsa dell’uomo e del cavallo insieme, il fantino e il suo compagno che corrono per un obiettivo comune. I cavalli del palio vengono estratti a sorte pochi giorni prima della corsa. Quale feeling si può creare tra fantino e animale in una manciata di giorni, abbastanza forte da spingere il cavallo a correre incontro ad un pericolo mortale? Non saranno forse le frustate e le droghe a non fargli disarcionare quell’infame e sconosciuto uomo che gli siede in sella, interessato solo ad arrivare per primo al traguardo?
E il sindaco di Siena, Maurizio Cenni, ha anche il coraggio di affermare che la città è “all'avanguardia nell'attenzione ai cavalli, ed addirittura gli organizzatori delle corse ippiche vengono da noi per imparare”.
Dio ce ne scampi.
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(19/08/2004)
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