“Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.”
Eugenio Montale
Quando penso alla mimosa ne sento l’odore. Davvero. Quel profumo meraviglioso… ed ecco il volo comincia… in Liguria, su piccoli e pietrosi sentieri che attraversano aspre terre in precario bilico su un mare nero.
Sì, per me il posto della mimosa è la Liguria… e mi basta poco per evocarla: alle volte mi è sufficiente avvertire un fuggevole odor di focaccia che volteggia per Milano ed eccomi con il pensiero volto a Genova, Nervi, Zoagli, Pieve, Cavi… e alla soave mimosa.
Quest’ allegro alberello che dappertutto si può coltivare. Con qualche accorgimento lo si può allevare felicemente anche nel nord Italia. Aperta parentesi: accorgimenti che forse ho mal applicato visto che la mia amata mimosa è crepata un inverno di qualche anno fa. Oppure chi sa, magari è trapassata solo per farmi uno sgarbo. E questo le piante lo fanno, eccome se lo fanno … Vabbè…Però sui terrazzi di Milano ne ho incontrato esemplari vecchi e magnifici, quindi, sì, dire che la mimosa nel nord Italia si può tenere è sacrosanta verità.
A questo punto però, gli animi sensibili sono colti da un dilemma: è giusto cercare di avere sempre a portata di mano le emozioni che ci appassionano? E’ buona cosa avere la mimosa sul balcone o alla lunga questa vicinanza finirebbe per svilire e liquefare le suggestioni che ci ha sempre suscitato nei suoi luoghi d’origine? Non sarebbe come la finta Venezia a Las Vegas, i fenicotteri in giardino a Milano o quei Mac Donald’s che hanno in tutto il mondo, dal Giappone al Brasile, lo stesso arredamento allucinante e il medesimo odore? E non si finirebbe per favorire, anche noi nel nostro piccolo, il perverso proliferare dei nonluoghi, quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari e su cui oggigiorno tanto si ragiona? Questione complessa.
Se devo dire, di per me, in certi casi sì… mentre in altri no. Originale nevvero? Ma il fatto è che è proprio così: a Milano amo l’elicriso, che continua a ricordarmi la Sardegna di quando ero piccolo, mentre nutro malanimo per gli oleandri, che ormai, se proprio mi ricordano qualcosa, mi ricordano l’autostrada Genova-Livorno.
Ma torniamo a parlare della Mimosa. Questa nostra amata, è una pianta australiana della famiglia delle leguminose. Già nella prima metà del ‘800 era coltivata con passione nei giardini e nelle serre d’Europa, da dove, bene o male, non è più uscita. In condizioni favorevoli supera i 20 metri di altezza, quindi fate attenzione: se si troverà troppo bene a casa vostra diventerà un mostro alto come un brontosauro.
E’ febbraio. La Liguria inizia a svegliarsi profumata dopo un ventoso inverno, si scuote, sbadiglia, si stira nel sole. Fontane dorate iniziano a sgorgare dagli alberi di Mimosa: sono i suoi fiori, profumati e precoci. Che allegria e che bellezza.
Ma naturalmente è di più: è la primavera, è il rinnovamento, è quella smania per i nuovi giorni a venire, che così dolorosamente stride con la malinconia dei momenti vissuti e per sempre passati.
La Mimosa per chi ama o ha amato la Liguria è più di una pianta: è una nicchia dove le emozioni e i ricordi possono aggrapparsi, per poi sciamare in giro allegri appena richiamati in vita da un pretesto qualunque. Oh yes, Proust docet.
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