Tra i libri che hanno maggiormente segnato la Vita culturale a metà del novecento un posto di primo piano lo occupa senza dubbio il Dottor Zivago di Boris Pasternak.
Pubblicato in prima mondiale da Giangiacomo Feltrinelli in Italia alla fine degli anni cinquanta con la traduzione di Pietro Zveteremich (poi rivista anche da Maria Olsoufieva e da Mario Socrate, quest’ultimo traduttore delle poesie che concludono il libro), il Dottor Zivago fece scoprire immediatamente agli ntellettuali occidentali una visione nuova della Rivoluzione russa.
Con il suo romanzo fluviale Pasternak mostrava gli sconvolgimenti che attraversarono il suo paese agli inizi del secolo scorso prendendo come punto di osservazione privilegiato le vicende private e intime del medico- poeta Juri Zivago, un personaggio completamente estraneo all’ortodossia rivoluzionaria di quegli anni, e della donna da lui maggiormente amata, quella Lara che per il grande pubblico occidentale assunse dopo la versione semplificatamente cinematografica di David Lean la fisionomia indimenticabile dell’attrice Julie Christie.
Uniti, ancor più che dall’affinità delle loro anime, “dall’abisso che li divideva dal resto del mondo”, Zivago e Lara furono i personaggi romanzeschi attraverso cui Pasternak, più poeta che narratore, espresse la sua contrarietà alla rivoluzione russa e al mondo nato da essa, un mondo caratterizzato da un enfasi pubblica e chiassosa, spesso anche brutale, che dimenticava l’irrinunciabile ricchezza e profondità della vita segreta di ogni singolo uomo e del suo rapporto unico con la natura che lo circonda, quella natura a cui Zivago e Lara sentivano, al contrario, di appartenere: “
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Questo era stato ciò che li aveva avvicinati e uniti! Mai, mai, nemmeno nei momenti di più sovrana immemore felicità li aveva abbandonati quanto vi è di più
alto e di appassionante: il godimento dinanzi all’armonia dell’universo, il senso del rapporto tra loro e tutto il suo quadro, la sensazione di appartenere alla bellezza dell’intero spettacolo, a tutto il cosmo. Vivevano di questa comunione. E perciò l’esaltazione dell’uomo sulla natura, il culto idolatra dell’uomo e tutte le smancerie di moda nei suoi confronti, non li avevano mai attratti. I principi di un falso vivere sociale, trasformato in politica, erano apparsi a loro una ben misera cosa, roba fatta in famiglia, ed erano per loro incomprensibili.”
Per questo forse ha ragione il grande poeta russo Evtusenko, quando afferma che se anche il Dottor Zivago non è sicuramente il più bel romanzo del novecento, è sotto certi aspetti il più importante, perché “è il romanzo della svolta morale del ventesimo secolo, il romanzo che ha innalzato i sentimenti dell’uomo al di sopra della Storia.”
E questo perché in un epoca e in un paese dominati da una astratta e meccanica coerenza di principi Pasternak ebbe il coraggio di scrivere una storia in cui fosse al centro ciò che di più irriducibile contraddistingue l’uomo, quella “incoerenza del cuore, che non conosce casi generali, ma solo il particolare, ed è grande perché agisce nella sfera del piccolo.”
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