Facciamo subito una premessa: quando ci si cimenta con una montagna sacra dell’arte, come in questo caso la messa in scena dell’immenso testo di Dostoevskij, si è sempre mediati nel giudizio finale dall’incombenza dell’eterno –insuperabile- valore che l’opera dalla quale si prende spunto possiede.
Quindi non si è mai troppo certi che l’esito positivo o meno della rappresentazione teatrale dipenda esclusivamente dai canoni specifici della disciplina artistica in questione. Tra gli spettatori, ci si schernirà chiosando: “Si è massacrato il testo!” oppure ci si innamorerà di frasi e dialoghi che sono le illuminanti idee dell’autore letterario.
Fatti gli omaggi, quindi, ad un romanzo che riempie sempre l’animo e l’intelletto di estreme sollecitazioni riflessive, ogni volta che lo si frequenta in qualche modo, passiamo al lavoro registico di Glauco Mauri. Non tacendo il fatto che, se non si vuole fare una misera figura, per mettere in scena un colosso come Delitto e castigo bisogna avere, quantomeno, una notevole competenza teatrale e letteraria.
Per adattarlo bene poi, come in questo caso, serve quel qualcosa in più che ti permette di farlo girare per anni in tutta Italia e di essere, nella scorsa stagione, uno degli spettacoli campione d’incassi.
La riduzione teatrale di Mauri si concentra sul rapporto tra il protagonista Raskolnikov, che in preda ai suoi coinvolgenti ideali è arrivato ad uccidere, ed il giudice investigatore Porfirij Petrovic che indaga sull’omicidio. Il confronto fra i due è uno straordinario dibattito sulla natura dell’essere umano, sul suo destino, sul senso delle sue azioni e sulle leggi che dovrebbero indirizzarle.
L’altro personaggio fondamentale della messa in scena è Sonija, la prostituta che Raskolnikov frequenta e di cui si innamora. Sarà lei ad insinuargli il dubbio sulla correttezza delle proprie idee, sarà questa conoscenza e questa frequentazione a muoverlo verso il cambiamento attraverso il quale, infine, vorrà espiare la sua colpa.
Le diverse scene scelte, attraverso le quali dare vita alla rappresentazione, vengono introdotte con delle frasi del romanzo proiettate come sovratitoli, che sintetizzano il momento scenico. Il più delle volte la cesura tra una scena ed un’altra è sottolineata dalla dissolvenza delle luci sul buio, altre volte da un cambio antipodico d’illuminazione che va dall’assolato salotto del giudice alla penombra soffusa della stanza di Sonija, fino all’occhio di bue finale che sottolinea il monologo del protagonista e la sua scelta redentoria.
Ma l’idea forte di questa messa in scena è sicuramente la geniale scenografia di Alessandro Camera che impressiona fin dall’incipit dello spettacolo. Qui, illuminata nelle basi delle pareti dal basso verso l’alto si presenta come un labirinto di lineari figure geometriche, che sembrerà poi essere la metafora delle elucubrazioni mentali del protagonista.
Queste pareti -che tenute allo stesso livello d’altezza in aria sembrano non avere soluzione di continuità formando appunto una rete labirintica - vengono discese o sollevate secondo i cambi di scena ed alludono, grazie all’interazione con le luci e con i mobili sistemati tra una scena e l’altra, ai diversi ambienti in cui si svolge la vicenda.
Un trionfo di sobrietà, astrazione metafisica e funzionalità scenografica. Bravi gli attori, tra i quali spicca lo stesso Glauco Mauri nei panni del giudice Porfirij Petrovic.
Dove: Teatro Quirino, via delle vergini 7. Roma
Quando:Dal 14 Novembre al 3 Dicembre, ore 21. Mercoledì ore 19.
Biglietti: Platea 30 Euro (ridotto 24) Balconata 22 Euro (ridotto18) Galleria 16 Euro (ridotto 13). Il mercoledì sconto del 20% sul costo dei biglietti.
Telefono Biglietteria:06 6794585 dalle 10 alle 19 (il Sabato 10-13). Numero verde: 800.013616
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