SACRED MONSTERS, CON SYLVIE GUILLEM E AKRAM KHAN
È andato in scena al Teatro Olimpico in prima nazionale (8-11 novembre, per il Romaeuropa festival 2006) l’attesissimo spettacolo di danza che sancisce l’incontro artistico tra Sylvie Guillem e Akram Khan, le due icone della danza contemporanea a cui il titolo si riferisce.
di Claudia Pecoraro
La Guillem è la principale étoile ospite del Royal Ballet di Londra, danza con le più importanti compagnie del mondo, fra cui il Kirov di San Pietroburgo e l'American Ballet di New York; la sua tecnica perfetta, la precisione dei movimenti, una fisicità irraggiungibile e la capacità di interpretare con assoluta naturalezza repertorio classico e contemporaneo la rende un’artista unica e al momento senza eguali.

Akram Khan è attualmente il coreografo della sua generazione più apprezzato in Inghilterra. Trentaduenne londinese, originario del Bangladesh, ha inventato uno stile di danza distintamente contemporanea fortemente legata alla sua formazione classica orientale.

Alla base di “Sacred Monsters” c’è lo scambio di alcuni ricordi d’infanzia dei due danzatori, entrambi saliti alla ribalta in giovanissima età, accomunati dalla formazione classica a cui tuttora sentono di appartenere e, allo stesso tempo, dalla voglia di sperimentare e di rinnovarsi entro il terreno fertile della danza contemporanea.

Le coreografie sono accompagnate dalle suggestive musiche composte da Philip Sheppard, di ispirazione orientale, e sono eseguite dal vivo da quattro eccellenti musicisti, tra i quali spicca la voce protagonista di Juliette Van Peteghem.

La bella scenografia, essenziale e completamente bianca, è immersa in una luce altrettanto bianca, fredda e abbagliante, per niente suggestiva. Scelta “coraggiosa” – e forse un po’ presuntuosa – quella di non nascondere nulla ma di rivelare nella loro perfezione ogni singolo movimento dei danzatori.

L’ampolloso titolo dello spettacolo viene ironicamente smorzato e riportato ad una dimensione più “umana” dall’atmosfera da “prove aperte”, da work in progress, che si respira: Sylvie raccoglie i capelli nella sua caratteristica treccia in fondo al palcoscenico, i due ballerini puliscono il pavimento prima di danzare, conversano sulla scena con naturalezza (peccato che i sovratitoli in italiano rivelino che non c’è nulla di improvvisato).

La dicotomia tra classico e contemporaneo, il rigore e la giocosità della danza, lo stato disumano della celebrità, la capacità di meravigliarsi dei bambini sono le tematiche principali dello spettacolo, ma ciascuna di esse rimane a se stante, mai approfondita. Sono proprio la Guillem e Khan che, tra una coreografia e l’altra, si rivolgono al pubblico per esprimere le loro opinioni, in un continuum di battute il cui unico scopo è quello di ingraziarsi il pubblico (ce n’era bisogno? Eravamo tutti lì pronti a pendere, più che dalle loro labbra, dai loro piedi).

E così, il tentativo di rendere queste creature divine più simpatiche, più umane, e quindi più vicine ai loro “plebei” ammiratori diventa uno show piuttosto volgare, a tratti simile al cabaret.

Le continue strizzate d’occhio agli spettatori risultano irritanti, poco rispettose, un insulto per i veri appassionati di danza, ma purtroppo il pubblico ci casca in pieno: gli unici applausi a scena aperta non seguono le faticosissime coreografie dei ballerini, ma la prima battuta ammiccante di Sylvie!

E noi appassionati rimaniamo comunque a bocca spalancata di fronte agli indiscutibili virtuosismi dei nostri danzatori preferiti. Ad eccezione di alcuni momenti veramente notevoli (splendida l’interpretazione di Akram Khan del kathak, tradizionale danza indiana scandita dal suono delle cavigliere a sonagli), la maggior parte di tali virtuosismi rimangono destrezza senza anima.

I “mostri sacri” si raccontano senza nessuna sincerità, tanto, proprio in virtù di questa stessa definizione, possono permettersi di fare ciò che vogliono, anche col minimo sforzo, sicuri di conquistare il pubblico. Il divismo del cinema e della televisione ha fatto il suo ingresso nel sacro tempio della danza.

Sacred Monsters
Teatro Olimpico, Piazza Gentile da Fabriano 17, Roma
8 - 11 novembre 2006

Interpreti: Sylvie Guillem e Akram Khan
Coreografia: Akram Khan; Gauri Sharma Tripathi (per il solo di kathak), Lin Hwai Min (per il solo “Sally”)
Drammaturgia: Guy Cools
Musiche di Philip Sheppard eseguite da: Juliette Van Peteghem (voce femminile), Faheem Mazhar (voce maschile), Coordt Linke (percussioni), Philip Sheppard (violoncello), Alies Sluiter (violino).
Scenografia: Shizuka Hariu
Luci: Mikki Kunttu
Costumi: Kei Ito


(13/11/2006)