PRODOTTI CHIMICI. BAMBINI MENO INTELLIGENTI
Dedicato a chi pensa che l’inquinamento sia solo un problema di naso.
di Daniela Mazzoli
Bisognerà aspettare domani per la pubblicazione di un importante studio condotto dai ricercatori dell'Harvard School of Public Health e della Mount Sinai School of Medicine. Lo studio sarà accessibile nella versione on line della rivista Lancet.

I ricercatori mettono sotto accusa più di 200 prodotti chimici, la metà dei quali di uso comune, che inciderebbero gravemente sul cervello dei più piccoli. Se molti di noi, se la maggior parte del pianeta è convinto che l’inquinamento ‘ambientale’ sia il frutto di campagne allarmistiche e dazio di uno scotto da pagare al progresso; se quasi tutti pensano che l’ecosistema è in pericolo ma ‘poi alla fine che cosa ci possiamo mai fare noi che già non riusciamo a trovare parcheggio figuriamoci il resto’ allora è bene sapere che in questo grave problema sono coinvolti i bambini, i nostri, quelli che vivono in questo fantastico mondo industrializzato.

Che abbiano o no la playstation, che imparino o meno l’inglese sin dall’asilo o vadano in piscina tre volte a settimana, tutti mangiano i prodotti che compriamo al mercato, al supermercato, o anche dal buon contadino di fiducia. Pure con i dovuti distinguosi cibano letteralmente dei prodotti della terra e la nostra terra, si sa, non è più vergine da molto tempo.

Nel secolo scorso e negli ultimi anni in particolare sono aumentate le specie animali a rischio di estinzione, molte sono già scomparse (per sempre) e il clima è – sotto gli occhi di tutti - in assoluto rivolgimento. L’effetto serra, che ancora oggi sembra un colorito soprannome per dire che le giornate sono un po’ meno rigide del solito, sta prefigurando anno dopo anno i più inquietanti scenari: surriscaldamento, tropicalizzazione delle zone temperate, scioglimento progressivo dei ghiacciai, desertificazione dei fiumi e dei laghi.

E se le industrie chimiche continuano a riempire il cielo dei propri fumi venefici cosa arriva sul terreno con la pioggia? Che tipo di acqua irriga i campi e le colture? Con cosa crescono le verdure e la frutta che arricchisce le nostre tavole? Cosa mangiano gli animali dei quali ci nutriamo? Gli studi condotti da questa équipe americana rileva e rivela proprio questo e mette in evidenza che molti dei prodotti alimentari più diffusi sono ‘inquinati’ da sostanze chimiche che agiscono sul cervello, danneggiandolo.

Hanno, infatti, verificato che i bambini nati negli ultimi anni oltre ad avere – in percentuali da definire - maggiori danni fisici e numerosi ritardi mentali soffrono un abbassamento del quoziente intellettivo. Sono, cioè, un po’ meno intelligenti. I ricercatori accusano molte aziende, quelle americane soprattutto (che tengono la soglia del pericolo tossicologico ai minimi livelli) di aver attuato una ‘pandemia silenziosa’ pur di non subire perdite economiche e di profitto privato. Insomma, la salute delle persone –che sono ormai identificate come semplici consumatori- passa in secondo piano.

Gli effetti di tale pandemia sono molto più visibili e gravi nei bambini per il semplice fatto che durante la crescita e lo sviluppo il cervello è molto più fragile che in una fase adulta, e risente quindi maggiormente della qualità del cibo. Basta poco, quindi, perché un agente tossico subentri ad alterare i delicati equilibri di un organo importante come la materia cerebrale. Mentre per alcune sostanze come il mercurio c’è in atto una normativa vigente che ne regola l’uso e ne vieta l’abuso, per tutte le altre sostanze non esiste una precisa legislazione.

I bambini nati nei paesi industrializzati, per esempio, sono stati sottoposti inevitabilmente e senza freno alla tossicità del piombo originato dal petrolio, subendo il dimezzamento dei soggetti con quoziente intellettivo più alto e raddoppiato quelli con quoziente intellettivo più basso. Ancora convinti che il gas che esce dalle macchine crei solo qualche fastidio alle vie respiratorie?


(09/11/2006)