NON SOLO CINEMA. L'ASIAN FILM FESTIVAL DI SAN DIEGO
Il 19 ottobre è terminato l'Asian Film Festival di San Diego. Un occasione per non assistere solo a film, ma per comprendere meglio uno spaccato di vita reale.
di Azzurra De Paola
L’Asian Film Festival di San Diego, che quest’anno è alla sua settima edizione, è più di una semplice carrellata di film per appassionati: è l’incontro tra culture, la commistione razziale, la presa di coscienza che il fenotipo asiatico è predominante nella città.

E film come questi, lontani dal gusto squisitamente americano per l’azione-a-tutti-i-costi, ci avvicina ad un mondo ormai non più così lontano. Strutturato ed allestito in modo che, ciclicamente, i film venissero ripetuti in modo da consentire ad ogni visitatore di assistere alla proiezione dell’intera rassegna, il festival ha cercato di condensare le nuove tendenze con i vecchi ritmi del cinema orientale.

Se da una parte, quindi, abbiamo la tradizionale pacatezza delle pellicole orientali, si è cercato qui di sposarle con il crescente gusto per la violenza, la velocità, l’introspezione del cinema americano. E nascono pellicole come Fast&Furious Hollywood drift, ancora lontano nelle sale italiane (non è stato proiettato neppure oltreoceano), oppure Waiting alone.

La realtà dei temi orientali che ritornano mascherati da puro american style potrebbero far pensare ad una forzatura, come a voler ridurre ogni modello a quello americano: in realtà, conservando la propria peculiarità di genere, l’Asian Film Festival ribadisce e sottolinea i propri marchi di fabbrica. Senza mai ammiccare allo spettatore, di qualunque nazionalità egli sia.

Ci si ritrova così, senza difficoltà, negli intrighi amorosi di Waiting alone dove Wen (Yu Xia), commesso in un negozio di antiquariato e aspirante scrittore; intenzionato a scrivere un romanzo sulla donna ideale, viene messo in guardia da amici e parenti sui pericoli dell’amore: ogni discorso cade, però, quando Wen incontra l’affascinante Li Rong (Li Bingbing), un’aspirante attrice molto ambiziosa.

Tra i due non accade niente e il ragazzo, consigliato dal suo miglior amico e da una ragazza Li Jing (Gong Beibi), cercherà di adescare in ogni modo la sua donna ideale; nonostante il fallimento di tutti i suoi tentativi, Wen continuerà ad esserne infatuato.

Riuscirà ad averla e scrivere il suo romanzo? Il film lascia, fino all’ultimo, con il fiato sospeso. Una commedia romantica con la sobrietà di uno stile discreto e senza eccessi.
Stile che, con le dovute differenze, possiamo rintracciare anche in I not stupid too. Qui, il problema centrale del film è occupato dalla mancanza di comunicazione tra genitori e figli, raccontata attraverso la vita due famiglie stereotipate di Singapore: la famiglia di Yeo e quella di Lim. La prima rappresenta la classica famiglia borghese con i genitori troppo impegnati per assolvere il loro compito, mentre nella famiglia di Lim il padre è appena uscito di prigione e, pur amando suo figlio, non può dargli il buon esempio. Entrambe le situazioni, specchio di diversi status finanziari, sono facce della stessa medaglia: l’incomprensione tra la vecchia e la nuova generazione.

E infine (least at last), il film che forse più di tutti rispecchia la riuscita commistione di scuole cinematografiche: Fast&Furious Hollywood drift. Nessuno ha potuto prendere visione della pellicola, ancora in lavorazione, ma si è discusso con il regista Justin Lin riguardo le novità. In realtà, ben poche, rispetto ai precedenti “Fat&Furious”, se non per un cambio di scenari su cui lanciare a tutta velocità auto sempre più tecnologiche.

Però, va notato che, indipendentemente dall’originalità del film di questo filone, è una buona occasione di misurarsi con un modo orientale di fare cinema americano.

Dal 12 al 19 ottobre, il Festival ha conosciuto un grande successo. E non solo per la numerosa presenza di orientali sul posto, ma anche grazie a un processo di integrazione che tende a non schiacciare le minoranze, ma ad assorbirne gli usi.


(30/10/2006)