Una provocazione sottile che induce gli spettatori a riflettere su un tema difficile in un modo garbatamente particolare, che tiene il pubblico coinvolto singolarmente -spettatore per spettatore - eppure distaccato, nel suo ruolo interattivo di indistinta massa omologata.
In un ambiente che sembra alludere un po’ ad un ospedale psichiatrico e un po’ ad un’aula universitaria, una donna sulla cinquantina si presenta all’indistinta platea umana, che sembra essere lì per assistere ad una conferenza scientifica sulle varie tipologie di droghe esistenti sul mercato.
Hanna, questo il nome della donna, è, però una tossicodipendente che ci racconta anche e soprattutto del suo caso specifico, del perché una situazione di tossicodipendenza, che agl’occhi dell’opinione pubblica sembra alienante, possa convivere con un’esistenza familiare e sociale che rientra nella normalità: una casalinga sposata con un bambino di sette anni ed un ritmo di vita che sembra essere quello di tante madri di famiglia.
Il personaggio, interpretato da una brava Anna Galiena, conduce il pubblico in una riflessione sulle paure e sui desideri della vita. La recitazione, pur restando misurata e sobria, sfuma continuamente nei diversi angoli di una personalità disturbata e libera, andando a toccare vari registri d’interazione con lo spettatore. Sembra di essere in un Kammerspiel dove illusionismo, taumaturgia, psicosi, verità e cabaret sono, di volta in volta, gli espedienti per la materia che Hanna prova a somministrare al pubblico.
Questo del tedesco Kai Hensel è un testo interessantissimo dove si affronta il tema della droga non come semplicistico male comune, ma come una delle tante dipendenze con cui vive l’uomo moderno, anzi, forse il prodotto di un modo di vivere disumano.
L’argomento è molto complesso, ma riflessioni del genere meritano sicuramente un plauso, non fosse altro per il modo in cui provano a superare l’ipocrisia di un benessere effimero, e di tutte le pseudocertezze che esso porta con sé. Non è tanto la droga il problema da affrontare e cercare di sconfiggere, quanto il modello di sistema esistenziale che sta globalizzando il mondo.
La droga ha anche i suoi effetti positivi, dipende da quello di cui si ha bisogno. E grazie ad un proiettore, Hanna illustrerà dettagliatamente i vari tipi di droghe, li consiglierà, accostandoli alle personalità più idonee, descriverà i loro effetti immediati e futuri, compresi quelli collaterali.
Un atteggiamento autoriale, quello di Hensel, che vede nelle droghe il sintomo di qualcosa di molto più grande, che prende a pretesto la droga come punto di partenza, o vizio privato, dal quale partire per tentare un’analisi assoluta, per indagare le perenni istanze d’amore e felicità degli uomini.
Un atteggiamento che, in questo senso, ricorda molto un altro autore tedesco, Fassbinder, e la maniera propedeutica in cui la droga entrava nei suoi testi. Si è certi di stare seguendo il percorso giusto? Oppure, come dice la protagonista più volte, non si ha il coraggio di abbandonare il percorso battuto per osare un oltre terreno, che sembra difficile da raggiungere solo perché non si osa.
Un oltre che può avere bisogno, nella sua iniziazione, del dettaglio ipocritamente immorale dell’assunzione di droghe. Tra critiche alla consapevolezze scientifiche e fisiche, che si rivelano sempre ignoranti a lungo andare, e citazioni di Seneca sulle potenzialità umane inespresse, si sviluppa uno spettacolo che apre efficacemente la bocca per dibattere su un tema politico-esistenziale. Il tutto è reso artisticamente inquietante dalla messa in scena di Andrèe Ruth Shammah, che inserisce ai margini dello spazio scenico tre figure umane ambiguamente allusive.
INFO
Teatro India, Roma
Dal 18 al 26 Ottobre, ore 21. Domenica ore 18.
Info per il pubblico: ufficio promozioni teatro di Roma: 06684000346
Biglietteria Teatro India: tel 0655300894 (un’ora prima degli spettacoli)
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