FESTIVAL DEL CINEMA DI ROMA
NON SOLO UN FESTIVAL!

Il cinema, fin dalla sua nascita, è stato indissolubilmente legato a molte altre arti, quali musica, scultura, pittura, fotografia e moda. Prendiamo qui spunto da uno degli importanti eventi organizzati a Roma in occasione della Festa del Cinema per ripercorrere il cammino di moda e cinema, che si sono incontrati e scontrati per decenni, senza mai separarsi.
di Mara Macrì e Simone Pasquali
Si svolgerà dal 13 al 21 ottobre 2006, presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, la prima edizione del festival del cinema che vedrà la città trasformarsi in un inedito parco concettuale. Una vera fucina dell’arte cinematografica che propone non solo la proiezione di film, ma ospiterà progetti paralleli, iniziative autonome, incontri ed eventi straordinari legati ai modelli culturali che del cinema che ne hanno fatto la settima arte.

Per l’occasione quattro mostre dedicate al mondo del grande schermo, due delle quali s’inseriscono nel programma delle celebrazioni organizzate per il centenario della nascita di Roberto Rossellini e Luchino Visconti; le altre, una dedicata alle opere pittoriche di Michelangelo Antonioni, l’altra curata da Giulia Mafai, prodotta dalla Biennale di Venezia in coproduzione con la Fondazione Musica per Roma, dedicata ai costumi di James Acheson per L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci.

Tra le altre manifestazioni del cinema, la nuova mostra Fashionset. Sessant’anni di produzione della Sartoria Annamode per il set, presentata prossimamente - dal 12 al 26 ottobre al museo della Centrale Montemartini Un excursus sulla moda femminile del ‘900 sul set, raccontata attraverso cinquanta costumi di scena.


La settima arte: illusione, moda o costume?

Il cinema ha la capacità di conciliare e stringere nel suo forte abbraccio più arti contemporaneamente. La musica,l’arte primigenia del suono e delle percussioni dalla quale derivano la danza e la poesia; l’architettura, intesa come arte primitiva dell’uomo impegnato nella costruzione di un suo riparo, alla quale consegueno, in modo del tutto naturale, la pittura e la scultura. Ma anche la letteratura ed il teatro armonizzano con il cinema, che riflette la sua intenzione attraverso la funzione-finzione dell’arte traducendola in film.

Con il film l’uomo realizza l’atavica ambizione, gelosamente custodita, di riprodurre visivamente il movimento e rendere la pittura un elemento attivo.

I fratelli Lumière - quando istituirono la prima sala cinematografica nel 1895 al “Gran Café” del Boulevard des Capucines a Parigi – mai avrebbero potuto prevedere che lo strumento proiettante immagini in movimento sarebbe divenuto, non soltanto un mero investimento o un’occasione di spettacolo, ma una vera produzione di illusioni, concetti e convinzioni. Fattori forse vaghi, ma realmente sostenuti da una struttura formata da elementi indispensabili che avrebbero contribuito alla nascita di un nuovo fenomeno sociale e, nel contempo, avrebbero offerto allo spettatore più potere d’immaginazione: il costume e la moda.

Questi coefficienti s’influenzeranno nel tempo a vicenda; i costumisti saranno i primi ad incidere la moda trasferendo la finzione scenica del film nella realtà. Successivamente spetterà agli stilisti entrare, con le loro creazioni, nel mondo fantastico del cinema.


Ma la coniugazione costume-moda diverrà dicotomia inducendo gli addetti ai lavori ad adottare, in tal senso, la possibilità di una nuova figura professionale che si occupi sia di un particolare abbigliamento che della valorizzazione e verosimiglianza del personaggio, con i valori e i simboli che il personaggio rappresenta come sostiene Roland Barthes.

Il costumista, dunque, responsabile di primo piano per il successo di un film, dovrà essere un profondo conoscitore della storia del costume e della moda, in grado di trasmettere nell’abito, con precisione, il particolare utile per esprimere al meglio il contesto storico, lo stato sociale del personaggio, la sua psicologia, e tutto ciò che tecnicamente può rappresentare la conoscenza del cinema, dalle luci alla fotografia...

Sarà lui a progettare e scegliere costumi di altri tempi, eseguiti in ogni suo dettaglio sartoriale dal suo team di esperti scelti, che concorreranno al successo di un’opera cinematografica.

Il costume da film diviene moda, quando il personaggio-protagonista ha la capacità di evocare archetipi e sollecitare quei desideri che spingono il pubblico ad imitarlo.

E mentre l’attore si trasmuta in mito, qualsiasi spettatore può a sua volta cambiare e diventare affascinante, carismatico e tenebroso, indossando - per esempio - un impermeabile alla Humphrey Bogart.

Dunque lo stile, nell’abbigliamento cinematografico, ha il potere di contribuire ad accrescere il mito e il mito stimola il processo d’identificazione attraverso l’abito, in una dinamica crescente e circolare. Lo dimostrano Marilyn Monroe, Greta Garbo, Audrey Hepburn, tanto per citarne alcune, che hanno segnato epoche intere attraverso la rappresentazione di un modo d’essere strettamente legato alla maniera di vestire.

Pur essendoci qualcuno che non condivide la teoria come Piero Tosi. Infatti, il celebre costumista della sartoria Tirelli disegnatore degli abiti più rappresentativi dei film di Luchino Visconti sostiene che:“colui che nasce costumista non potrà mai essere stilista e viceversa”.

In realtà, una maison che potrebbe tranquillamente smentire questa affermazione è Annamode 68 che ha tracciato gran parte della storia sociale e cinematografica, creando sia la moda che il costume con una naturalezza sorprendente. Tra le grandi sartorie cineteatrali europe, essa, ha dimostrato che è possibileAnna Allegri, sua capostipite.

Nel 1946, in un periodo storico difficile per qualsiasi tipo di impresa, Anna Allegri, un’audace e gradevole signora toscana, riesce a dar vita - in una città d’arte come Roma dove alla bellezza, a volte, ci si abitua - ad un atelier che diverrà noto per la raffinata natura sartoriale dei suoi capi.

In breve tempo conquisterà gli spazi e i consensi dell’alta borghesia romana, grazie anche all’impegno di Teresa Allegri, la sorella, con la quale si occuperà successivamente sia di moda che di cinema.

Due attività che riusciranno, non solo a convivere tra loro ma, con l’avvento del cinema neorealista, l’una rientrerà nell’annovero delle creazioni di costume tra le più richieste sul set, l’altra continuerà a soddisfare le esigenze di eleganza crescenti, dovute al benessere economico degli anni sessanta.

I lavori procederanno in due laboratori distinti, in perfetta sintonia tra loro, confermando l’indiscussa creatività delle due sorelle, che continueranno ad accendere, con i loro capi, l’interesse di donne affascinanti e attrici, alcune all’epoca ancora sconosciute come Sophia Loren o Eleonora Rossi Drago, altre già affermate come Ingrid Bergman. A queste donne seguirà una lunga lista di personaggi che con i loro passaggi artistici incideranno, come segnali indicatori, epoche e stili.
Successivamente, Annamode 68, amplierà gli orizzonti approdando con i suoi costumi di scena al teatro, alla prosa, alla lirica e al varietà.

Mondi con linguaggi diversi ma interagenti, disgiunti solamente da sottili questioni culturali antropocentriche che ne delimitano i caratteri, ma non la valenza.

Una valenza che ha dato vita a costumi intramontabili, vere opere d’arte che vivono ancor oggi, attraverso le memorie dei protagonisti di i quali tramite esposizioni, percorsi culturali accademici e mostre, procedono in un’attività che ha valicato, ormai, i confini del nostro Paese affacciandosi a nuovi scenari internazionali e portando nel mondo un segmento fondamentale della nostra cultura cinematografica.


(11/10/2006)