“Aperitivo in Concerto”, al Teatro Manzoni, inaugura la stagione con una serata d’eccezione. Giovedì 21 settembre, alle ore 21, ospita, infatti, un’artista e un progetto fuori del comune, testimonianze dell’interesse sempre più spiccato che la manifestazione intende dedicare al mondo delle performing arts: Laurie Anderson presenterà una originalissima performance, intitolata The End of the Moon.
The End of the Moon è una sorta di reportage dell'esperienza della compositrice come "artista residente" alla Nasa. In tale occasione, dopo viaggi di arricchimento culturale in Grecia e Giappone, la Anderson è andata alla scoperta di cosa potesse significare essere artista all'interno di un progetto spaziale: guardando alla Terra dalla Luna, stimolata a riflettere sulle domande che ci si pone sull'infinito, il futuro e il senso della bellezza, ciò che alla fine è emerso nell’artista è stato il desiderio di ricercare la sua libertà, di "conoscere sé stessa".
Un'opera che si presenta, secondo le parole della stessa Anderson, come "un lungo poema per violino e molta elettronica" e in cui è presente un sofisticato ma non opprimente uso della tecnologia, The End of the Moon è fra i più recenti progetti musicali della celeberrima compositrice newyorkese. Si tratta di una suite, un flusso di immagini, racconti, parole, suoni, rumori, frutto di un intimo viaggio della Anderson tra domande e questioni primarie del pensiero occidentale: la conoscenza del bello, la ricerca della libertà interiore, la perdita dell'autonomia di pensiero, il significato della guerra, il ruolo della tecnologia nella vita e nell'arte.
Da queste domande prendono forma le storie, i quadri impressionistici che compongono l’opera, in ognuno dei quali l'artista guarda a diverse facce della bellezza come la speranza, la paura o il rimorso, quadri legati dal tempo, un filo rosso che li attraversa e li lega per comporre un grande affresco: il tempo, la nostra percezione di esso e come questo ci influenza e ci cambia.
The End of The Moon descrive tale percorso, focalizzandosi sull’incompiutezza della nostra esperienza umana, drammatico work-in-progress in cui è comune l’assenza, la sensazione di perdita:.per la Anderson, ad esempio, si tratta della perdita del proprio Paese, impegnato nella guerra in Iraq; della perdita di una propria coscienza critica rispetto all'universo mediatico che è continuamente in lotta contro la noia; della perdita della pazienza e costanza di riflettere, schiacciati come siamo dal grande show di una tecnologia piegata a fini spesso prettamente spettacolari.
La Anderson spiega così la tesi principale dello spettacolo : "La perdita ne è proprio il centro. All'inizio non ne ero così consapevole. Volevo scrivere qualcosa che avesse una grande varietà. Però il senso reale di questo l'ho capito soltanto in Giappone, dove mi sono resa conto di essere proprio dall'altra parte del pianeta. Perché noi abbiamo l'eredità dell'Occidente, dei Greci, degli Eroi, l'Ego, l'Io. Ma se, per esempio, ci fosse una discussione tra americani e giapponesi, i secondi non direbbero: "Dave è arrabbiato" ma "C'è della rabbia in questa stanza".
La risposta a questa perdita di sé è un po' la risposta alla domanda circa il senso della vita artistica. "Se dovessi dire di che cosa parla The End of The Moon, se io dovessi spiegare di che cosa parla la mia vita come artista, direi che è proprio una ricerca della libertà di essere se stessi, di pensare e di provare a modo mio".
Storie, pensieri, racconti, incontri, dunque, per porsi domande certamente più che per offrire risposte. Del resto, conclude la Anderson, "Io come artista non so cosa cerco. Quindi la domanda è proprio: cosa sto cercando?".
In The End Of The Moon Laurie Anderson guarda alla cultura americana osservando le relazioni tra la guerra, l'etica e l'estetica, la spiritualità e il consumismo combinando storie, canzoni e musica con un nuovo approccio alla tecnologia e si lascia (momentaneamente?) alle spalle l'ingombro anche fisico dell'hardware, scoprendo il software come risposta a quell'esigenza di flessibilità e leggerezza che l’accompagna in questi ultimi anni: attraverso l'uso della parola, in questo senso allo stesso tempo la più antica ma anche la più moderna delle tecnologie, Laurie Anderson si trasforma in una sorta di trovatore elettrico con l'ambizione di assorbire il mondo per raccontarlo.
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TEATRO MANZONI
Via Manzoni, 42 – Milano
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