Un papa' abbandonato cerca di crescere i propri figli come se si potesse andare avanti e dimenticare il dolore della sconfitta sentimentale. Il lavoro non va troppo bene, la casa è un caos. La sveglia suona sempre troppo presto e i rapporti tra adulti e genitori sono meno semplici di quello che vorrebbero. La scuola, i primi amori, il desiderio di giocare a pallone… il mondo visto con gli occhi di un bambino che capisce tutto e affronta la realtà in grande solitudine.
Comincia con una canzoncina militare questo film di Kim Rossi Stuart sulla fragilità degli esseri umani, sulla difficoltà dei rapporti familiari e la forza di sentimenti che non si sanno esprimere. Questo è un film italiano di un autore-attore-regista non scontato, audace, sincero, che arriva allo stomaco come un pugno o un cibo troppo pesante per adulti assuefatti e salutisti. Ci ricorda, dimenticando la propria bellezza d'attore e cancellando una scena dopo l'altra l'idea angelica a cui il suo volto rimanda, che sono i bambini a provare tutto, le emozioni più forti, le proprie e quelle degli altri: padre, madre, compagni di classe. Fratelli e sorelle sono una piccola riproduzione dei grandi, governati dagli stessi disordini, dalla stessa morbosità, dall'incapacità di darsi spiegazioni eppure col desiderio sempre forte di stringersi in un abbraccio e darsi coraggio.
Ecco, non era facile descrivere la vita scolastica, gli sport pomeridiani portati avanti con fatica, le attese dei genitori che -già sconfitti dalla vita professionale e sentimentale- proiettano sui propri figli speranze di riscatto e l'idea di un'altra occasione, di un'altra vita possibile. Eppure Kim Rossi Stuart ci è riuscito bene, grazie all'ottimo protagonista che veste il ruolo di Tommaso e a una sceneggiatura ben scritta e meglio interpretata; un copione fatto di molti silenzi, di alta tensione, di momenti quotidiani mai stereotipati.
C'è un pezzo di vita, ricordi netti, precisi, e la sensazione che certe scene, certi momenti dell'infanzia non siano mai passati, non siano mai stati messi in qualche archivio della memoria: pomeriggi passati sulle terrazze o in qualche altro posto isolato dove poter osservare le cose dall'alto, un altro punto di vista, serate in macchina al ritorno da qualche gita in campagna tra mutismi pesanti da sopportare, improvvisi scatti di nervi e parole feroci gettate in faccia a creature proprie. Forse non è più la condizione dei nostri tempi, forse non è nemmeno la condizione della maggioranza. Magari siamo circondati da belle famiglie formate da persone equilibrate e felici che sanno far vivere ai figli la giusta stagione della vita.
O forse, magari in piccoli quartieri di periferia dove lo stipendio non basta e i difetti non vanno via con il benessere, oppure in qualche palazzotto borghese dove non si riesca a coprire tutto con due vacanze l'anno, l'hi-tech e le scarpe di marca, magari lì resiste questa forza bruta e brutale dei sentimenti che straripa i confini del buonsenso e della ragionevolezza.
Bella anche l'interpretazione della Bobulova, che con semplicità e stile riesce a dare al personaggio i tratti difficili e drammatici di una donna “fuoriluogo”, indecisa tra il ruolo di madre e quello di eterna ragazza attratta dalla mondanità di un'esistenza sempre nuova: sta stretta tra le mura di un appartamento, sopporta male la propria assenza di scopo a parte quello di aspettare il rientro di marito e figli per la cena, non sa stare sola, porta via il figlio dalla lezione a scuola per uscire anche lei, passare il pomeriggio in un parco-giochi, ha una voglia incompresa di entusiasmi infantili e cose impreviste a rallegrare l'atmosfera domestica.
La bravura dell'attore-bambino (soprannominato dalla troupe De Niro) è tutta interiore, trapela dallo sguardo. I suoi occhi che osservano le cose, il modo in cui cammina o si sottrae al mondo degli adulti e a troppe attenzioni è talmente reale da provocare immedesimazioni a sorpresa e qualche occhio lucido.
Che Kim Rossi Stuart fosse assai bravo già lo sapevamo. Si temeva la disdetta, che non e' arrivata…
|
|