La zona conosciuta col nome di “Castelli Romani” annovera, per tradizione, 14 paesi: Albano, Ariccia, Castel Gandolfo, Colonna, Frascati, Genzano, Grottaferrata, Lanuvio, Marino, Montecompatri, Monteporzio Catone, Nemi, Rocca di Papa e Rocca Priora.
In quanto al termine “Castelli” con il quale vengono complessivamente indicati, il nome deriva dalle tante dimore fortificate erette nel Medioevo dalle potenti famiglie romane per il controllo dei loro possedimenti nel territorio. Intorno a questi castelli sorsero, poi, dei piccoli borghi che si svilupparono e si popolarono soprattutto nei secoli bui della storia di Roma quando i pontefici trasferirono la sede papale ad Avignone abbandonando la città in preda alla povertà, alla carestia ed alle malattie.
Di conseguenza, molti Romani si trasferirono nei piccoli centri dei Colli Albani e Tuscolani; centri che, nel tempo, si trasformarono in luoghi prediletti per la villeggiatura dalla nobiltà romana. Progettati e costruiti, tra il Cinquecento e il Settecento, dai più famosi architetti di quel periodo, sorsero così bellissimi edifici sacri e splendidi palazzi ricchi di storia e di notevoli opere d’arte: Chiesa di Santa Maria della Rotonda ad Albano; Palazzo Chigi e Chiesa di S. Maria Assunta ad Ariccia; Villa Pontificia e Villa Barberini a Castel Gandolfo; Chiesa di S. Rocco a Colonna; Villa Aldobrandini, Villa Falconieri e Villa Tuscolana a Frascati; Palazzo Sforza Cesarini a Genzano; Abbazia di Santa Maria e Villa Grazioli a Grottaferrata; Palazzo baronale a Lanuvio; Palazzo Colonna, Basilica di S. Barnaba e Chiesa della Madonna del Rosario a Marino; Chiesa di S. Silvestro a Montecompatri; Eremo dei Camaldolesi, Villa Borghese e Villa Mondragone a Monteporzio Catone; Castello, Duomo e Romitorio di S. Michele Arcangelo a Nemi; Duomo e Santuario della Madonna del Tufo Caduto a Rocca di Papa; Castello Savelli e Chiesa della Madonna della Neve a Rocca Priora...
Frequentati da principi e letterati, da artisti, cardinali e papi, i Castelli sono sempre stati anche una delle mete preferite del popolo romano che, soprattutto nelle belle giornate, “sale” volentieri ai Castelli per una breve gita “fuori porta” che prevede, immancabilmente, fra la visita ad una chiesa ed un giro in un palazzo, una lunga... lunga tappa in uno dei tanti ristoranti che s’incontrano lungo la strada...
Fraschette e Fagottari
Passano i secoli, i ritmi di vita sono sempre più frenetici, ma per nulla al mondo i romani, nelle calde sere d’estate, rinuncerebbero a “salire ai Castelli” per andare a cenare ai tavoli all’aperto delle tipiche “fraschette” locali che sopravvivono ancora oggi e che debbono il loro nome all’usanza medievale di ornare l’ingresso delle osterie con piccole frasche. E ancora oggi, come un tempo, il pranzo va rigorosamente portato da casa già bello e pronto (ed eventualmente condiviso con gli altri avventori) perché i proprietari delle osterie – degni eredi degli antichi osti castellani – sono disponibili a mettere a disposizione dei loro clienti solo bicchieri e vino a volontà.
L’abitudine dei “fagottari” romani di portarsi la cena da casa non è un segno di tirchieria né, tanto meno, di sfiducia nelle capacità culinarie dell’oste, bensì è una consolidata tradizione che risale all’Ottocento durante il pontificato di Leone XIII il quale, per motivi di “sicurezza”, emanò un editto che proibiva alle osterie la mescita di vino a chi non vi consumasse anche il pasto. Il papa riteneva, così, di limitare le frequenti, e spesso anche cruenti, risse da osteria che scoppiavano fra coloro che vi si recavano a fine giornata per bere il classico “goccetto” e che, invece, il più delle volte, finivano con il trangugiare litri su litri di vino...
L’editto, ovviamente, creò malcontento fra gli avventori e notevoli danni economici agli osti i quali, in breve, aggirarono l’ostacolo consentendo ai loro clienti di portarsi il cibo da casa, “infagottato” alla meglio in grandi tovaglioli con le nocche annodate...
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