James Francis Ivory, uno dei maggiori esponenti della cultura cinematografica internazionale, ha presentato nella splendida cornice di Villa Borghese a Roma, il suo ultimo film, "La contessa bianca”. Il favore del pubblico, che ha continuato a riempire la Sala Delux della Casa del Cinema, dove il regista teneva la conferenza, testimonia un successo indiscusso.
Attraverso la storia affascinante della sua vita, Ivory racconta di sé, del suo grande amore per il cinema, un amore che egli stesso definisce appassionato, fatto di opere e di incontri fondamentali, come quello con Ismail Merchant, produttore storico e amico inseparabile del regista.
Dalla collaborazione con Ismail, Ivory realizza nel 1963 “Il capofamiglia”, film indiano, girato in bianco e nero da Subatra Mitra, l’operatore di Satyajit Ray. ”Il capofamiglia” afferma Ivory, “è stato il mio primo film. Non avevo esperienze al riguardo e non sapevo nemmeno suddividere la scena in più inquadrature…mi feci aiutare dall’operatore. Solo dopo compresi davvero come fare.”
L’attenzione del regista per la specificità delle inquadrature è visibile in tutti i suoi film e il successo di critica e di pubblico arriva con le opere britanniche della seconda metà degli anni ottanta, tra cui gli ormai celebri:Camera con vista, Maurice, Mr. & Mrs. Bridge, Casa Howard e Quel che resta del giorno, film tratto dal romanzo di Kazuo Ishiguro, collaboratore di Ivory anche nella scrittura della sceneggiatura del suo ultimo lavoro.
“Ho sempre pensato che per realizzare un buon film si deve tener conto di due importanti fattori” continua il regista, affiancato dall’attore giapponese Hiroyouki Sanada, protagonista del film La contessa bianca “ovvero: le locations, necessarie alla realizzazione di inquadrature scenografiche, e la scelta degli attori. Personalmente, nell’attore cerco l’individualità, la sua unicità, il suo essere diverso. Gli attori sono artisti, praticano l’arte della recitazione e bisogna aver fiducia nelle loro capacità. Un buon film è sempre frutto di una grande fiducia nel prossimo”.
Ancora una volta, Ivory sottolinea l’importanza della fusione sullo schermo di questi due elementi, fiducia e passione, interdipendenti l’uno nell’altro. Non esistono segreti particolari per fare di un film un’opera d’arte, non ci sono strategie che ne garantiscano la riuscita, c’è solo quel piccolo sogno, più o meno nascosto, che Ivory chiama il desiderio costante di fare cinema.
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